Perchè il mar Mediterraneo è il più inquinato del mondo?
Non l’avreste mai detto, ma è così: non c’è mare più inquinato del Mediterraneo. Nelle righe che seguono proviamo a capirne le cause di natura umana, oltre alla particolare conformazione che rende il Mare Nostrum così unico, nel bene e nel male.
Ci credereste se vi dicessero che il mar Mediterraneo è il mare più inquinato del mondo? Il Mare Nostrum, le acque cristalline che fanno da cornice alle nostre spiagge, dove il turismo marittimo attira persone da tutto il mondo. Eppure è così: in proporzione agli altri mari e oceani, il mar Mediterraneo detiene questo primato poco invidiabile. Qual è la motivazione di tale paradosso?
Una spiegazione l’ha data il Professor Roberto Danovaro dell’Università delle Marche, secondo cui “Il Mediterraneo è un’area di grande interesse bio-geografico. Infatti, pur ricoprendo solo lo 0.32% di tutti gli oceani mondiali, esso contiene il 7.5% delle specie marine note. Inoltre, il Mare Nostrum è poco profondo: mediamente 1450 metri, mentre gli oceani superano i 3000 metri di profondità.” Questo ha delle conseguenze notevoli: in primis, fa sì che le acque si scaldino molto velocemente, e poi che il loro ricambio sia estremamente lento. Si stima che le acque del Mediterraneo, attraverso lo stretto di Gibiliterra, impieghino 80 anni per ricambiarsi totalmente. È comunque l’attività umana a rendere il Mediterraneo così inquinato, poi queste sue caratteristiche peculiari fanno sì che le ripercussioni delle nostre “cattive azioni” siano più significative, e le conseguenze del riscaldamento globale più evidenti.
Più precisamente, dov’è che sbagliamo? Qualcuno starà già pensando all’emergenza plastica che affligge i mari di tutto il mondo. Questo è certamente vero: il Mediterraneo contiene il 7% delle microplastiche mondiali. Ma di motivi per cui il Mare Nostrum è così sporco ce ne sono anche molti altri, alcuni prevedibili, altri decisamente inaspettati. Tutti sono stati analizzati e supportati da dati nel “Census of Marine Life”, uno studio sulla biologia marina della Terra che è durato un decennio.
Il progetto ha fatto emergere che lo sversamento di sostanze nocive da parte delle navi nel mar Mediterraneo contribuisce notevolmente al suo inquinamento, petroliere e navi di ogni genere lo rendono infatti il mare più trafficato del mondo. Così come la pesca eccessiva degli ultimi anni ha causato l’estinzione del 7% delle specie marine, con conseguenze enormi sull’ecosistema dei nostri mari.
A questi motivi che in qualche modo potevamo aspettarci, se ne aggiungono altri meno ovvi: ad esempio, la creazione di infrastrutture come porti, condutture sottomarine e piattaforme off-shore ha contribuito alla distruzione di habitat di tante specie marine, come le barriere coralline delle spiagge tropicali.
Una questione a sé è rappresentata dai depuratori: il 12% degli scarichi italiani che finisce in mare non è depurato, e proviene in gran parte dalle zone costiere. Le sostanze maggiormente inquinanti sono farmaci e prodotti usati in agricoltura, come azoto e fosforo. Tre sono le gravi conseguenze di questi gesti deplorevoli: distruzione dei batteri, aumento della crescita di alghe, diminuzione dell’ossigeno. Il risultato è un ambiente in cui fauna e flora marina sono destinate a morire.
Ancor meno inaspettata è l’invasione da parte di specie “aliene” provenienti ad esempio dal mar Rosso in seguito all’apertura del canale di Suez, che hanno letteralmente decimato le specie “di casa”.
È chiaro quindi che prendersi cura della salute del mare è un gesto che va fatto dalla terraferma. Ridurre l’inquinamento marino è possibile. Non dovremmo pensare al mare solo come il posto dove andare in vacanza, ma come una parte di Terra da salvaguardare per il nostro bene. Quando diciamo che non abbiamo un Pianeta B, vuol dire che non abbiamo neanche un Mare B, dove poter fuggire in vacanza una volta che avremo distrutto questo.
Come si fa a descrivere se stessi? Non lo so, ma so quello che gli altri dicono di me.
Qualcuno dice che io sia ostinata e rompiscatole. Tutti dicono che io sia coraggiosa, e uno dei motivi è perché studio Fisica. Sì, è vero, è stata la scelta più folle della mia vita ma, quando l’ho fatta, sapevo che mi sarebbe piaciuto studiare come riassumere l’Universo in leggi concise e ben ordinate.
Ciò che non sapevo è che avrei avuto l’opportunità di lavorare in contesti interazionali, stravolgendo totalmente il mio punto di vista su molte cose, e che interagire con persone di culture diverse mi avrebbe messo ogni volta di buon umore, specie se a tavola o davanti a una birra; non sapevo nemmeno che avrei imparato a vivere lontano da casa, sperimentando innumerevoli partenze e ritorni, ed i maledetti sentimenti contrastanti che ne derivano.
Oltre ciò che dice la gente, qualcosa ho imparato a capirla anch’io di me.
Mi piace osservare le persone per capire cosa c’è oltre la superficie. Non mi piacciono le persone banali, preferisco quelle che sembrano tali, ma poi nascondono dietro un mondo. Non mi piacciono gli anticonformisti a tutti i costi. Mi piace chi ascolta prima di parlare.
Mi piace l’ordine e l’armonia, ecco perché la danza è una mia grande passione: mi basta vedere un ballerino fare due pirouette o un grand jetè e sono felice.
Credo nel valore del cibo: tra cucinare e mangiare in compagnia non saprei scegliere cosa mi fa stare meglio. Mi diletto a preparare ricette sempre nuove, adoro alcuni piatti orientali, ma non rinuncerei mai ai sapori della mia terra.
Mi incuriosisce esplorare nuovi luoghi, ognuno con le sue tradizioni, ma fino ad ora niente è mai riuscito ad acquietarmi come il mare di Napoli col Vesuvio sullo sfondo. Per me dire Napoli è dire Massimo Troisi perché “Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m’ha mai parlato della pizza, e non m’ha mai suonato il mandolino”.
A proposito di casa e di ciò che mi piace, credo nel potere dell’aggregazione e dell’attivismo giovanile e, fortuna ha voluto che incontrassi persone con visioni a tratti uguali e a tratti opposte, ma che si combinano perfettamente, e trovano modo di esprimersi in quella che è Tutta n’ata storia. Personalmente, mi occupo della rubrica scientifica di questo sito, che mette sempre a dura prova la mia capacità di spiegare concetti complicati in parole semplici. Il titolo della sezione è “Dove andremo a finire?” e la risposta è in ogni articolo in cui si parla di futuro, sostenibilità ambientale, progresso scientifico e tanti altri fatti.