Il cantautore Capo di Buona Speranza: “Il mio viaggio tra la musica, dal premio De André al futuro”
Oggi sarebbe stato il compleanno del grande Fabrizio De André. Circa un mese fa, a Roma si è tenuto il Premio in suo onore, volto alla valorizzazione di talenti artistici “liberi”. Sapete chi è arrivato in finale? Il giovane cantautore abatese Capo di Buona Speranza. Se non sapete di chi si tratti o conoscete pochissimo della sua storia, tranquilli: lo abbiamo intervistato per voi.
18 febbraio 1940, Pegli, Genova.
16 gennaio 2020, Auditorium Parco della Musica, Roma.
Cosa collega queste due date così temporalmente distanti tra loro? Un premio musicale, un grande artista e un giovane cantautore abatese.
Oggi – 18 febbraio – è l’anniversario della nascita di Fabrizio De André. Ottant’anni fa, in un quartiere del ponente genovese conosceva la vita colui che la vita l’avrebbe poi raccontata con musica e parole, tra genio, provocazione e poesia.
Un mese fa circa – il 16 gennaio, appunto – a Roma si è tenuta la finale della XVIII edizione del Premio nazionale dedicato proprio a Faber, che cerca autori, compositori, interpreti e musicisti dotati di “una creatività libera e scevra da tendenze legate alle mode, ai generi e ai concetti di commerciabilità, al fine di favorire l’originalità e la vitalità delle nuove produzioni artistiche”, come si legge sul sito ufficiale.
Tra gli artisti valutati dalla giuria presieduta da Dori Ghezzi, cantante e compagna di vita di De André, quest’anno c’è stato anche l’abatese Capo di Buona Speranza! Non vi dice granché questo nome? Tranquilli, è lecito. Capo di Buona Speranza è Pietro Savio Ruocco, un giovane musicista che ha fatto il suo esordio ufficiale in pubblico proprio al Premio. E per conoscere meglio la sua storia e il suo progetto, abbiamo deciso di fargli qualche domanda. Ecco com’è andata.
Ti sei fatto vedere per la prima volta in pubblico nelle vesti di cantautore tra dicembre e gennaio al Premio De André. Perché hai scelto questo evento come “battesimo” artistico?
In realtà, non è stata una cosa premeditata. Lino Spinelli, uno dei ragazzi con cui collaboro per il progetto musicale, mi ha informato della pubblicazione del bando per partecipare al Premio e, così, ho mandato le mie demo. Ma non avevo riposto molte speranze nella cosa, tant’è che non ricordavo nemmeno la data in cui avrebbero pubblicato i nomi dei semifinalisti. È stato proprio Lino, quel giorno, a tartassarmi di chiamate per comunicarmi la bella notizia. E, così, a metà dicembre io e i miei amici-musicisti siamo stati al Bloom Recording Studio di Guidonia per registrare le canzoni presentate, prima di sapere, qualche giorno dopo, di rientrare addirittura tra i tredici finalisti… Non potevamo crederci. Per noi già era inaspettato essere stati selezionati alla fase precedente, figurarsi arrivare in finale!
Hai parlato di Lino Spinelli, hai parlato di amici-musicisti… Chi c’è, oltre te, dietro questo progetto?
Lino in questa avventura svolge un po’ il ruolo di produttore, ma è prima di tutto uno dei miei amici più stretti, nonché colui che mi è stato accanto nella messa a punto dei pezzi. Poi ci sono, come dicevo, i musicisti che mi hanno accompagnato anche praticamente nell’esecuzione: Luigi Russo, Pierpaolo Russo e Stefano Sullo. Hanno messo e mettono sempre la loro capacità musicale a disposizione del progetto, per me sono una grande risorsa.
Sono tanti quelli che mi hanno aiutato, come Daniele Russo che ha curato la parte di missaggio e mastering, Angelo Mascolo che ha scritto una parte di uno dei due pezzi presentati in semifinale… E molti altri musicisti; ma, fondamentalmente, fanno parte del gruppo degli amici di sempre.