Ra Paulette e la sua anima di pietra: storia di un genio dei nostri giorni
Ra Paulette è un artista autodidatta statunitense che negli ultimi trent’anni della sua vita ha scavato e scolpito, con attrezzi semplici, in silenzio e solitudine, le rocce del New Messico. La sua è la storia di un vero genio dei nostri giorni; scopriamola insieme.
“Un ammasso di roccia cessa di essere un mucchio di roccia nel momento in cui un solo uomo lo contempla immaginandolo, al suo interno, come una cattedrale”.
Antoine de Saint-Exupéry
Immaginando cattedrali, deve essere iniziata così la storia artistica di Ra Paulette, un comune uomo dell’Indiana che, negli anni ’80, cambia vita e smette, in qualche modo, di essere comune.
Ra Paulette, classe 1940 – dopo aver lasciato gli Stati Uniti, una vita ordinaria, una carriera finita e troppi impieghi mal retribuiti – rinasce, come artista negli anni ’90 in New Mexico.
Il mondo riscopre Paulette – non più uomo comune, ma artista solitario – nel cuore della terra, in assoluta comunione con l’universo. “Protetto” dal caotico mondo moderno, (ri)vive nella sua “Camera del Cuore”: un’insolita casa – scavata e scolpita dallo stesso Paulette – all’interno di un massiccio di arenaria.
Paulette non vanta alcuna formazione tecnico-artistica, è “solo” un autodidatta “armato di scalpello”, un genio dei nostri giorni, che con costanza e passione, ha dedicato gli ultimi venticinque anni della sua vita alla realizzazione di spazi volti a consegnare agli uomini “rinnovato benessere spirituale e personale”, riprendendo le sue stesse paroe.
“Si tratta di qualcosa di vivo. Quando iniziai non sapevo cosa ne sarebbe risultato. È come essere il Dottor Frankenstein”, dice oggi l’artista che – con una maestria che sembrava estinta insieme ai più grandi maestri della scultura – ha plasmato sapientemente quattordici mastodontici spazi, realizzato bassorilievi, trasformato l’oscurità in “finestre nella Terra”. Un’opera eternata dalla materia che la compone: una roccia resistente, tanto da poter costituire il nucleo delle montagne, ma estremamente malleabile, se abrasa con i giusti strumenti.
Paulette non vive stabilmente gli spazi che plasma, in vista di un processo creativo continuo. Dopo i primi anni di creazioni su terreni pubblici, comincia ad operare in proprietà private, in cambio di uno stipendio di circa 12 dollari l’ora.
“Quando ho intervistato i sostenitori finanziari di Ra” – dichiara Jeffrey Karoff, regista del documentario Cave Digger (qui il trailer) – “ho finalmente capito che nel profondo delle colline del New Mexico del Nord, un uomo solo, con un piccone, andava incontro a un dramma universale, quello dell’espressione creativa contro il sistema di finanziamento”.
Oggi, Ra Paulette, in compagnia del suo cane, dedica 45 ore settimanali, alla realizzazione della sua massima opera. Un santuario nel deserto che l’artista mira a completare entro il 2020 e che attesterà il valore della proprietà che lo ospita ad un milione di dollari. “Quando sarà finito, spero che tutti coloro che lo visiteranno proveranno sentimenti profondi di serenità”, ha dichiarato.
Nelle viscere della terra, ha scolpito per anni colonne, archi, scale, bifore e volte. Le sue opere sono state definite da alcuni “cappelle sistine nel deserto”, altri ritengono questa scelta di vita, e l’opera che ne consegue, un’ossessione.
“You wouldn’t use that word ‘obsessed’”, “Non si dovrebbe usare la parola ‘ossessionato'”. Una definizione che Paulette non comprende, perché solo sotto la crosta della terra è riuscito davvero ad esprimersi. Un mondo isolato in cui assicura di “aver capito meglio il significato della vita”.
Può, dunque, dirsi ossessione la ricerca di sé e della propria e altrui felicità?
La più realista tra i sognatori, la più disfattista degli ottimisti. Una perfezionista, dicono in molti. Futuro architetto, innamorata dell’arte in ogni sua forma. Mi piace osservare, scovare il dettaglio sfuggito al primo sguardo. Camminare a testa alta, perché ho imparato che la prospettiva sa cambiare di continuo e – con gli occhi bassi – si perde tanta bellezza.
L’università mi ha trasformata in continua a leggere