Pernille Harder, chi è la miglior calciatrice d’Europa
Tutti sanno che Luka Modric è stato nominato miglior calciatore della scorsa Champions League; ma chi conosce Pernille Harder, la vincitrice dell’equivalente premio femminile? Secondo noi, la sua è una storia che deve essere raccontata.
Ieri è cominciata la Champions League 2018/2019. A decretare gli accoppiamenti delle squadre in campo è stata l’urna di Montecarlo, lo scorso 30 agosto. Durante i sorteggi per la nuova Champions, sono stati assegnati anche tutti i premi per il “migliore” di ogni categoria: miglior difensore, miglior portiere, miglior centrocampista, miglior attaccante, miglior calciatore e migliore calciatrice. E se il nome di Luka Modric come “Men’s Player of the Year” ha scatenato la giusta eco, forte della vittoria ai danni di Cristiano Ronaldo, detentore del premio negli ultimi due anni, per Pernille Harder solo applausi di rito.
Chi è Pernille Harder? Se non lo sapete non dovete farvene una colpa, perché il calcio femminile ai nostri media poco importa e Harder è, appunto, la miglior giocatrice d’Europa dell’anno. Ma nemmeno alla stampa va fatta una colpa, in fondo, perché il calcio femminile non attira né pubblico né sponsor, quindi non vale la pena parlarne più di tanto. Meglio fermarsi a qualche trafiletto su pagine che si preoccupano di trovare una spiegazione allo sputo di Douglas Costa o di venerare la finalmente doppietta di Cristiano Ronaldo, no? No. Le belle storie vanno – o dovrebbero essere – raccontate e celebrate equamente. Ecco perché vogliamo rispondere alla fatidica domanda: chi è Pernille Harder?
Pernille Harder è un’attaccante danese, attualmente in forza al Wolfsburg e punta di diamante della sua Nazionale; è la sesta donna ad aver vinto il premio “UEFA Women’s Player of the Year”, in quanto il titolo – a differenza di quello maschile istituito nel 2011 – viene assegnato alle donne, in apposita categoria, a partire dal 2013.
Tra meno di un mese compirà 26 anni, ma nella sua carriera ha già vinto tre campionati e quattro coppe nazionali (equivalenti della nostra Coppa Italia) tra Svezia e Germania, correlati da vari traguardi personali come il titolo di capocannoniere per tre stagioni (l’hanno scorso ha segnato ben 17 reti). Negli ultimi due anni è stata investita da una grande popolarità, tanto da aver avuto bisogno di ingaggiare un manager per curare soprattutto i rapporti con i media; ma, come si legge sui siti tedeschi, ad interfacciarsi con i tifosi è lei in prima persona, fermandosi anche per ore, se necessario, a firmare autografi. Solo al termine degli allenamenti però, perché il calcio è la sua priorità.
Per il resto, ha avuto e ha una vita normale: ha iniziato a giocare da bambina in una squadra completamente maschile, si è fatta strada tra sacrifici quotidiani, ha raggiunto il suo sogno-obiettivo di disputare il massimo campionato tedesco ed è fidanzata con Magdalena Eriksson (in foto), calciatrice della nazionale svedese e sua ex compagna di squadra ai tempi del Linkopings FC.
Ma sono le piccole battaglie quotidiane che decretano i super-normali-eroi di tutti i giorni. E Pernille Harder, insieme alle sue compagne, in qualche modo, è un super-normale-eroe. Perché ad ottobre 2017 la nazionale di calcio femminile danese si è rifiutata di scendere in campo contro la Svezia, mettendo a repentaglio la qualificazione al Mondiale di Francia del 2019. Il motivo? Una protesta contro la Federazione locale, per chiedere, tra le altre cose, la qualifica di dipendenti della Federazione stessa – al pari dei colleghi uomini – e un adeguamento delle condizioni economiche. Battaglia che è stata vinta. Battaglia che è comune a tante altre calciatrici nel mondo, italiane incluse.
Battaglia che, quindi, è solo la prima ed è destinata ad essere combattuta anche nel nostro Bel Paese. Battaglia che chissà se arriverà a stabilire davvero che le gocce di sudore versate da un uomo equivalgono a quelle versate da una donna; anche nel gioco del calcio.
“Devi cambiare d’animo, non di cielo”: la frase che mi ripeto più spesso quando mi viene voglia di scappare; ma restare mi piace di più. Credo nelle radici anche quando meriterebbero di essere estirpate.
Il mio primo amore è stato – ed è – il calcio. A 14 anni ho iniziato a seguire il Sant’Antonio Abate, prima da appassionata e poi da addetto stampa: Eccellenza, serie D, Eccellenza e continua a leggere