Qui giace Vlad III Dracula
Sacro e profano, pace ed inquietudine, leggenda e realtà si incontrano nel Chiostro di San Giacomo della Marca, all’interno del Complesso Monumentale di Santa Maria la Nova.
Cominciamo il mese di luglio riproponendovi un mistero custodito tra le “pietre antiche” di Napoli.
Riccamente affrescato con episodi della vita del Santo – tradizionalmente attribuiti a Simone Papa – il chiostro cinquecentesco custodisce numerosi monumenti funerari, distribuiti lungo il silente corridoio porticato, facendosi intanto scrigno di un intrigante mistero.
Pare, infatti, che il monumento funebre della nobile famiglia Ferrillo sia in realtà sepolcro di Vlad III Dracul.
Dracula fu sepolto a Napoli. Le storie che si addensano intorno a tale ipotesi coinvolgono più personaggi vissuti tra il XV e il XVI secolo, rimbalzando tra il Regno di Napoli e i Balcani. Procediamo con ordine.
Chi è davvero Vlad III?
Ovviamente non si tratta del terribile vampiro, reso celebre dalla novella gotica di Stoker. Stiamo parlando di Dracula come personaggio storico, cavaliere dalla sanguinosa biografia che ha solo ispirato i racconti dello scrittore irlandese.
Figlio di Vlad II, re di Valacchia (regione della Romania), Vlad III nasce nello stesso anno in cui suo padre, cavaliere membro dell’Ordine del Drago, decise di aggiungere al suo casato il titolo di ‘Dracul’. Il suo nome completo divenne quindi Vlad III Dracul (Figlio del Drago), ma fu anche conosciuto col nome di Vlad Tepes (l’Impalatore). Grazie alle numerose e note vittorie sui Turchi, il principe Vlad III si affermò come il Voivoda (signore) di Dobruja.
Si racconta sia scomparso proprio durante una battaglia contro i turchi, nel 1476, e che poi sia stato dichiarato morto. Da altre fonti, invece, il suo corpo decapitato risulta sepolto sull’isola di Snagov; tuttavia, una volta rimossa la lapide, la tomba ha restituito solo ossa animali e ancora oggi il reale luogo della sua sepoltura resta un mistero.
Come sarebbe giunto a Napoli il corpo di Vlad?
Una spiegazione è fornita dalle ricerche di Raffaello Glinni che, analizzando alcuni manoscritti del XV e XVI secolo, ha riconosciuto nella figura di Maria Balsa, aristocratica slava, la figlia di Vlad III Dracul. L’orfana Maria arrivò a Napoli all’età di sette anni insieme al cavaliere albanese Jorge Skanderberg che ottenne asilo presso Ferdinando I d’Aragona in virtù della sua adesione all’Ordine del Drago, cui lo stesso re apparteneva.
Pare che tra i membri dell’Ordine ci fosse un patto di reciproca protezione in cui venivano inclusi anche mogli e figli.
Affidata dal re allo stesso Jorge Skanderberg e a sua moglie, l’orfana prese il nome Maria Balsa.
Il nome, afferma Glinni, non sembra scelto a caso: in romeno ‘Bal‘ indica il dragone e ‘sa‘ è un indicativo patronimico. Pur cambiando nome, Maria restò, come Vlad III Dracul, “figlia del drago“. Un’ulteriore conferma giunge da uno scritto del 1710 in cui Vlad Dracula viene chiamato “il Balsa della Romania“.
La slava Maria Balsa divenne sposa di Giacomo Alfonso dei Ferrillo, famiglia committente del monumento sepolcrale nel chiostro di Santa Maria la Nova. È possibile quindi che Maria, indicata – negli scritti a lei contemporanei – come erede del Voivoda, abbia scelto di spostare i resti del padre Vlad III nella sua città d’adozione.
I simboli sulla lapide.
Chiarita l’identità di Vlad III Dracula e fornita una giustificazione per la sua eventuale sepoltura a Napoli, focalizziamo un attimo l’attenzione sulle immagini della lapide che sembrano avere davvero poco a che fare con la famiglia Ferrillo.
L’elemento dominante è senza dubbio l’elmo sormontato dalla testa di drago che sembra essere un chiaro riferimento all’Ordine del Drago, di cui Vlad III era membro. Ai lati dell’elmo, due sfingi opposte fanno certamente riferimento alla città di Tebe, nome innegabilmente simile all’appellativo Tepes. Sopra le sfingi, i delfini accoppiati restituiscono lo stemma della Dobruja, una zona della Romania che ricadeva tra i possedimenti del principe Vlad III. E ancora sul retro della lapide simboli esoterici e una indecifrabile crittografia all’interno della chiesa, in corrispondenza della tomba, in cui i soli termini riconoscibili sono Blad (Vlad) e Balcanico.
Probabilmente ci vorrà ancora del tempo prima che il mistero del Chiostro di San Giacomo venga del tutto svelato. Intanto Santa Maria la Nova continua a custodirlo tra le mura di un complesso conventuale di incantevole bellezza. Una bellezza che abbiamo scelto di non raccontare stavolta, che forse vi racconteremo, ma che nel frattempo vi invitiamo a “toccare con mano”, certi che saprà raccontarsi da sola.
Per saperne di più: www.santamarialanova.info
La più realista tra i sognatori, la più disfattista degli ottimisti. Una perfezionista, dicono in molti. Futuro architetto, innamorata dell’arte in ogni sua forma. Mi piace osservare, scovare il dettaglio sfuggito al primo sguardo. Camminare a testa alta, perché ho imparato che la prospettiva sa cambiare di continuo e – con gli occhi bassi – si perde tanta bellezza.
L’università mi ha trasformata in continua a leggere