L’UE dice addio alla plastica: cosa ci aspetta?
Vi ricordate quando, nel 2015, le buste della spesa sono diventate a pagamento? Come reagireste se ora vi dicessero che dovrete rinunciare anche ad altri oggetti di plastica monouso?
Sulla scia del provvedimento di tre anni fa, il 28 maggio scorso la Commissione europea ha presentato una nuova normativa che prevede il divieto o la limitazione dei prodotti in plastica come piatti, posate, cannucce e attrezzi da pesca che inquinano gli ambienti marini. Il problema dell’inquinamento dei mari è tra i più urgenti da risolvere, a causa dei danni che esso arreca alla fauna marina, ma anche alla nostra salute. Allora è tempo di darsi una mossa, e l’Europa ha voluto essere da esempio, stilando una norma che coinvolge un insieme di materiali costituenti il 72% dei rifiuti a mare, sperando di essere ancora in tempo a salvarci.
Nel dettaglio sono previsti:
-il divieto di vendita di bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini. In presenza di prodotti alternativi composti da materiali sostenibili, ed economicamente accessibili, tali prodotti saranno eliminati dal mercato;
-la riduzione del consumo di alimenti e tazze per bevande in plastica, a carico degli Stati membri, i quali dovranno fissare degli obiettivi nazionali di riduzione, eliminando la distribuzione gratuita di prodotti in plastica monouso, com’è stato per le buste;
inoltre gli Stati membri entro il 2025 dovranno impegnarsi a raccogliere il 90% di bottiglie di plastica monouso per bevande, ad esempio utilizzando un sistema di cauzione-deposito.
Probabilmente coloro i quali avvertiranno di più gli effetti della normativa saranno i produttori: essi dovranno contribuire a coprire i costi di gestione e bonifica dei rifiuti, e delle campagne di sensibilizzazione, per quanto concerne i seguenti prodotti: contenitori per alimenti, pacchetti e involucri (ad esempio, per patatine e dolciumi), contenitori e tazze per bevande, prodotti del tabacco con filtro (come i mozziconi di sigaretta), salviette umidificate, palloncini e borse di plastica in materiale leggero. A supporto degli stessi, sono previsti degli incentivi per le industrie che si impegneranno nella realizzazione di prodotti alternativi, a minore impatto ambientale.
Una normativa a parte, ancora più specifica è stata sviluppata per gli attrezzi da pesca, che rappresentano il 27% dell’inquinamento a mare.
Ci si chiede come sarà accolta la normativa da parte di consumatori e produttori. In quanto ai consumatori, dovranno certamente cambiare le loro abitudini, ma è previsto un vantaggio economico a lungo termine. Anche i produttori dovrebbero percepire qualche beneficio: se da un lato si ritroveranno a dover modificare radicalmente la produzione, per sottostare alle regole, allo stesso tempo la presenza di una normativa comune in tutta Europa dovrebbe favorire la competitività nello sviluppo di materiali ecosostenibili.
Inutile chiedersi se sia giusto o no, se si poteva fare meglio o no. Di certo potevamo svegliarci prima, e invece ci ritroviamo in una situazione di emergenza. È evidente che le campagne di sensibilizzazione sull’ambiente e il buon senso di pochi non bastano. Occorrono regole ferree, bisogna cambiare le abitudini delle masse, e l’unico metodo efficiente passa attraverso le logiche di mercato.
Come si fa a descrivere se stessi? Non lo so, ma so quello che gli altri dicono di me.
Qualcuno dice che io sia ostinata e rompiscatole. Tutti dicono che io sia coraggiosa, e uno dei motivi è perché studio Fisica. Sì, è vero, è stata la scelta più folle della mia vita ma, quando l’ho fatta, sapevo che mi sarebbe piaciuto studiare come riassumere l’Universo in leggi concise e ben ordinate.
Ciò che non sapevo è che avrei avuto l’opportunità di lavorare in contesti interazionali, stravolgendo totalmente il mio punto di vista su molte cose, e che interagire con persone di culture diverse mi avrebbe messo ogni volta di buon umore, specie se a tavola o davanti a una birra; non sapevo nemmeno che avrei imparato a vivere lontano da casa, sperimentando innumerevoli partenze e ritorni, ed i maledetti sentimenti contrastanti che ne derivano.
Oltre ciò che dice la gente, qualcosa ho imparato a capirla anch’io di me.
Mi piace osservare le persone per capire cosa c’è oltre la superficie. Non mi piacciono le persone banali, preferisco quelle che sembrano tali, ma poi nascondono dietro un mondo. Non mi piacciono gli anticonformisti a tutti i costi. Mi piace chi ascolta prima di parlare.
Mi piace l’ordine e l’armonia, ecco perché la danza è una mia grande passione: mi basta vedere un ballerino fare due pirouette o un grand jetè e sono felice.
Credo nel valore del cibo: tra cucinare e mangiare in compagnia non saprei scegliere cosa mi fa stare meglio. Mi diletto a preparare ricette sempre nuove, adoro alcuni piatti orientali, ma non rinuncerei mai ai sapori della mia terra.
Mi incuriosisce esplorare nuovi luoghi, ognuno con le sue tradizioni, ma fino ad ora niente è mai riuscito ad acquietarmi come il mare di Napoli col Vesuvio sullo sfondo. Per me dire Napoli è dire Massimo Troisi perché “Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m’ha mai parlato della pizza, e non m’ha mai suonato il mandolino”.
A proposito di casa e di ciò che mi piace, credo nel potere dell’aggregazione e dell’attivismo giovanile e, fortuna ha voluto che incontrassi persone con visioni a tratti uguali e a tratti opposte, ma che si combinano perfettamente, e trovano modo di esprimersi in quella che è Tutta n’ata storia. Personalmente, mi occupo della rubrica scientifica di questo sito, che mette sempre a dura prova la mia capacità di spiegare concetti complicati in parole semplici. Il titolo della sezione è “Dove andremo a finire?” e la risposta è in ogni articolo in cui si parla di futuro, sostenibilità ambientale, progresso scientifico e tanti altri fatti.