Chiesa del Gesù Nuovo: il suono del suo “Enigma”

Napoli è governata da una meravigliosa confusione, quasi non conosce il silenzio.  Vi raccontiamo della Chiesa del Gesù Nuovo – emblema del centro storico partenopeo – che ha, invece, atteso secoli in silenzio, prima di far sentire al mondo la sua “voce”.  

 
Napoli, la città stratificata  ri-sorta ciclicamente, attraverso l’appropriazione e il riutilizzo di sé stessa – non ha mai del tutto cancellato le tracce della sua millenaria storia. Napoli, quella moderna, è ancora greca e pure romana, è cattolica ed è pagana. Invoca i santi e strofina gobbe e corni. È un concerto di contraddizioni, la cui musica, spesso, sfugge all’orecchio distratto di chi l’attraversa. 
Lungo la via che la spacca, lei, comunque, suona. Una partitura imponente, incisa su uno spartito di diamanti neri: la facciata della chiesa del Gesù Nuovo 
 
Emblema del centro storico di Napoli, la chiesa è anche simbolo delle contraddittorie rifunzionalizzazioni dell’architettura napoletana.  
Lo spazio sacro, infatti, si sviluppò alle spalle di una quinta civile di fine quattrocento. 
Il prospetto in bugnato a punta di diamante era precedentemente appartenuto al palazzo dei principi Sanseverino di Salerno, un’opera di Novello di San Lucano – conclusa nel 1470 – che, per quasi tutto il Cinquecento, pare abbia fatto invidia alle più belle ville napoletane 
Il palazzo, negli anni della Controriforma, venne acquisito dall’ordine dei Gesuiti che, non avendo la possibilità di espandersi sul suolo pubblico della piazza antistante, riutilizzarono la quinta civile, tentando – attraverso una serie di “aggiunte” (come le colonne in granito rosso ai lati del portale rinascimentale) – di conformarla alla funzione sacra del luogo. 
 
Il prospetto, con la sua curiosa mescolanza di usi e stili, sottende anche un mistero tutto napoletano: le piccole piramidi che rivestono la facciata della chiesa del Gesù Nuovo sono in gran parte incise.  
In realtà l’incisione degli elementi lapidei non è un fatto inconsueto, spesso gli “scalpellini” si servivano di segni per indentificare il gruppo di artigiani di appartenenza, la cava di provenienza della pietra o per contrassegnare il lavoro svolto, in vista di un pagamento. 
Le incisioni sul Gesù Nuovo, però, sono decisamente di altra natura. Corrispondono, infatti, corrispondono a lettere aramaiche 
 
I Sanseverino, in fase di costruzione, vollero avvalersi di maestranze conoscitrici dell’esoterismo 
I simboli avrebbero dovuto attirare all’interno del palazzo tutte le energie positive e benevole per il luogo e i suoi abitanti. Sembra, però, che – per malizia e/o incompetenza dei costruttori  le bugne, non correttamente collocateabbiano ottenuto l’effetto contrario, attirando sciagure di ogni tipo: crolli, incendi e persino la caduta di una bomba (durante la seconda guerra mondiale), miracolosamente inesplosa.  
 
E se così non fosse? Nel 2010, lo storico dell’arte Vincenzo De Pasquale ha rimesso in discussione quanto tramandato negli anni. La sua indagine è partita da Napoli per arrivare in Ungheria, dove – con la collaborazione del gesuita, esperto di aramaicoCsar Dorse il musicologo Lòrànt Réz ha tradotto i simboli in note. “Lòrànt cominciò a far concordare lettere e note, abbozzando lo spartito, scrivendolo sul retro del menù di un ristorante”, ha spiegato De Pasquale.  
Solo sette segni, corrispondenti a sette note.  
 
Si è svelato, così, il mistero del Gesù Nuovo: nessun oscuro sortilegiopiù “semplicemente” musica, vestita di scrittura e influenzata dalla filosofia pitagorica, la cui memoria venne cancellata dal cattolicesimo tridentino.  
Una lapidea partitura che, letta da destra a sinistra e dal basso verso l’alto, restituisce un concerto per strumenti a plettro. Quasi quarantacinque minuti di melodia rinascimentalerecentemente trascritta per organo e intitolata Enigma.   
 
L’antichità di Napoli non è mai stata sepolta: scavallata, è andata confondendosi, ma ancora impavida si erge dinanzi a troppi sguardi bassi; e, talvolta, silenziosamente “canta”, nell’attesa che qualcuno si fermi ad ascoltare la sua melodia 

 

FONTI:  napolidavivere.it; ilmattino.it; vesuviolive.it; esserealtrove.it 

 

Marzia Mascolo

La più realista tra i sognatori, la più disfattista degli ottimisti. Una perfezionista, dicono in molti. Futuro architetto, innamorata dell’arte in ogni sua forma. Mi piace osservare, scovare il dettaglio sfuggito al primo sguardo. Camminare a testa alta, perché ho imparato che la prospettiva sa cambiare di continuo e - con gli occhi bassi - si perde tanta bellezza 
L’università mi ha trasformata in continua a leggere