Luigi Tenco: il mistero della morte di un Artista
La morte di Luigi Tenco a più di cinquant’anni di distanza continua ancora ad interrogare…
Sanremo, 1967. È la notte tra il 26 e il 27 gennaio e nella camera 219 dell’Hotel Savoy viene trovato il corpo senza vita di Luigi Tenco, cantautore italiano morto durante la 17° edizione del Festival della Canzone Italiana.
La storia di Tenco parte da Cassine, un piccolo paese del Piemonte dove trascorre l´infanzia, per poi trasferirsi a Genova insieme alla madre Teresa, dove coltiva fin da adolescente la passione per la musica.
Favorito dall’ambiente genovese, molto attivo in quegli anni a livello musicale, inizia la sua carriera nel mondo della musica e del cinema e nel 1961 pubblica il suo primo 45 giri contenente una tra le più famose e belle delle sue canzoni “Mi sono innamorato di te”, dal testo profondo e il suono malinconico.
Sbarca a Sanremo nel 1967, dove è in gara con “Ciao amore, ciao” e siccome da regolamento ogni canzone viene cantata da 2 diversi interpreti, si esibisce con lo stesso brano Dalida, sua compagna dell´epoca.
26 gennaio 1967, ore 21:00
È il momento di salire sul palco e cantare: l’ansia sale, ma nonostante la “paura di non essere capito” riesce a reggere quel palco, anche se purtroppo il pubblico e la giuria non lo premiano, così la sua “Ciao amore, ciao” viene esclusa dalla manifestazione.
Ore 2:10
Dalida va a trovarlo in camera, ma quello che trova è il corpo sanguinante e senza vita di Luigi con un bigliettino: «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente 5 anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt´altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale e ad una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi».
Le indagini vengono fatte in fretta e furia e molti sono i particolari che tuttora non tornano nella ricostruzione, ma quello che gli inquirenti dichiarano è: “Suicidio.“
Il caso si chiude così, nel silenzio e nell’indifferenza dei piani alti del Festival, che a Luigi Tenco dedicano solo due parole ad inizio della seconda serata.
Luigi Tenco oggi
Quello che oggi rimane di questa vicenda è una storia da non tenere archiviata nei misteri italiani irrisolti e recuperare per dire la verità finale per quanto sia ancora possibile.
All’epoca non venne effettuata nessuna autopsia e molti criminologi sostengono che non si sappia nemmeno da che lato fosse posizionato il foro dìentrata del proiettile che avrebbe ucciso Tenco.
Nonostante siano stati fatti nuovi esami sul cadavere nel 2006, sono ancora troppe le cose che non tornano e le falle nell’inchiesta; ad esempio: il cadavere una volta trovato venne subito trasferito all’obitorio per poi essere riportato indietro sulla scena dell’accaduto perché non furono effettuati i rilievi fotografici, ad oggi non si conoscono né la posizione in cui sia stato trovato il cadavere né l’ora esatta della morte.
Quello che è emerso dalla nuova indagine non può lasciarci impassibili, infatti “sia le tracce sul bossolo repertato, sia le lesioni alla teca cranica, allontanano consistentemente l’ipotesi suicidiaria” e in più “la frattura alla mastoide destra non esclude un colpo molto forte inferto a Tenco”.
E tutto questo può farci solo interrogare su una cosa: si è trattato veramente di un suicidio?
“In direzione ostinata e contraria” come Fabrizio De André. Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire.
Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.