Caritas e servizio in mensa: cos’ha cambiato la pandemia?
Siamo tornati in Caritas. No, purtroppo non per il nostro “Dopocena solidale”. Siamo tornati in Caritas per farci raccontare come nella struttura diocesana di Castellammare di Stabia è continuato il lavoro in questi mesi di emergenza-Covid. Ecco la prima parte dell’intervista al direttore don Domenico Leonetti e alle operatrici Giovanna Cannavacciuolo e Alessandra Rosa. Ci siamo concentrati, in particolare, sul servizio in mensa a noi tanto caro…
Era il 6 marzo quando alcuni volontari di Tutta n’ata storia si sono recati per l’ultima volta presso la mensa della Caritas di Sorrento-Castellammare. Appena una settimana prima, un altro gruppo era stato lì per la festa di Carnevale organizzata in occasione del mensile “Dopocena solidale”. Poi, col decreto del 9 marzo tutto si è fermato, attività associative comprese.
Tra le poche cose non investite dal forzato stop, c’è proprio il lavoro della Caritas Diocesana, che è continuato anche senza il supporto dei tanti volontari. Tutto è stato riorganizzato secondo le nuove norme vigenti, a partire dal servizio in mensa. Come? Il direttore don Domenico Leonetti, per tutti don Mimmo, la segretaria e responsabile mensa Giovanna Cannavacciuolo, e Alessandra Rosa, una delle operatrici del centro d’ascolto e della fondazione Exodus, ci hanno raccontato cosa è successo negli ultimi due mesi, cosa è cambiato e cosa cambierà. Questo articolo è solo una parte della lunga chiacchierata che ne è venuta fuori e si concentra, come anticipato, sul servizio in mensa; continuate a seguirci per leggere il resto.
Partiamo dal 9 marzo: il Presidente del Consiglio Conte, in diretta nazionale, annuncia le serrate misure restrittive per il contenimento dell’epidemia di Covid-19. Cosa avete pensato in quel preciso momento?
Don Mimmo: Il primo pensiero è andato alla Caritas, perché le misure sarebbero entrate in vigore subito. Ma, fortuna nella sfortuna, eravamo semi-pronti: già prima del 9 marzo ci eravamo resi conto di quanto la situazione fosse delicata e, dopo diverse riunioni, avevamo riorganizzato alcuni servizi. Ad esempio, avevamo già chiuso la mensa, preferendo distribuire agli ospiti i pasti nell’androne del palazzo, cosa che continua tutt’oggi.
Ma dal 9 marzo e nelle settimane seguenti avete dovuto fare a meno di volontari e servizio civile…
Don Mimmo: Prima del lockdown, anche con la nuova formula “distribuzione pasti”, i volontari venivano a darci una mano per la preparazione (e i “nostri” del 6 marzo prima citati sono stati tra gli ultimi, ndr). Poi, è diventato impossibile averli qui per tutte le restrizioni emanate; in più, il Governo ha sospeso il servizio civile, che per fortuna ora è ricominciato. Così, abbiamo preferito riformulare i turni degli operatori che, anzi, voglio ringraziare per non aver mollato e aver continuato a lavorare al massimo anche con la nuova difficile situazione.
Riuscite ad immaginare quando i volontari potranno tornare in mensa?
Don Mimmo: Questo è uno dei punti di discussione più frequenti durante le nostre continue riunioni. Purtroppo, temo ci vorrà un po’. Riprenderà tutto gradualmente, ma la questione volontariato in mensa resta delicata: il rischio di assembramenti è dietro l’angolo. Dovremo essere bravi a dosare in primis le forze già presenti, come fatto fino ad ora, e poi vedremo.
Come funziona adesso la distribuzione dei pasti?
Giovanna: I pasti vengono preparati, come sempre, nella nostra cucina, dove però adesso lavoriamo anche con la mascherina, oltre che con guanti e resto per preservare la solita igiene. Qui vengono anche confezionati e sistemati sul carrello. Poi, due operatori, muniti di tutti dispositivi di protezione individuale, scendono nell’androne del nostro palazzo in via S. Bartolomeo 72 a Castellammare di Stabia, per la distribuzione.
Alessandra: Fino ad ora abbiamo preparato solo secondi che potessero essere consumati freddi, ma adesso abbiamo acquistato contenitori ad hoc per distribuire finalmente anche pasti caldi. La nostra sala mensa non è abbastanza grande per ri-accogliere gli ospiti qui, quindi abbiamo preferito puntare su un miglioramento del “servizio d’asporto” per garantire la distribuzione a quante più persone possibile.
Avete pubblicato sul vostro sito la richiesta inviata a Polizia e Carabinieri di Castellammare di Stabia per un supporto nella gestione della situazione proprio durante la distribuzione dei pasti. Qual è stata la risposta?
Don Mimmo: Purtroppo, salvo sporadiche presenze, le istituzioni si sono mostrate indifferenti. E non solo per la sorveglianza. Abbiamo, in generale, ricevuto aiuti esclusivamente dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana, ndr) e da Caritas Italiana e, poi, da privati cittadini. Ringraziamo sia chi ci ha supportato con donazioni di alimenti (che hanno in parte riempito gli scaffali dell’emporio solidale “‘Onna Sciurella”, aperto prima del lockdown e mai fermatosi anche grazie alla presenza costante dei volontari), che chi lo ha fatto con donazioni economiche al conto bancario aperto per l’occasione.
C’è stato un momento in cui, incrociando gli occhi delle persone durante il “servizio mensa”, avete avvertito un senso di sconfitta?
Alessandra: La sconfitta è una sensazione che conosciamo bene, perché purtroppo con il nostro lavoro riusciamo a dare sollievo ai beneficiari, ma è pur sempre un sollievo momentaneo. Anche in tempi normali, non risolviamo i problemi di tutti. Figurarsi ora…
Giovanna: Io la sconfitta l’ho vista nella rabbia delle persone. Subentrata la stanchezza per la situazione in corso, è stato tutto più difficile e lo è tuttora: bisogna stare attenti anche alle parole che si usano. E non mi riferisco solo al rapporto con i beneficiari, ma pure tra noi operatori. Non è semplice per nessuno. Poi, sì, ci sono stati episodi particolari in cui le persone hanno riversato la loro rabbia, in qualche modo, su di noi. Ma alla fine in Caritas abbiamo a che fare ogni giorno con la sconfitta. Tante volte mi chiedo perché sono qui, forse in questo periodo più delle altre… Ma sono qui.
Siamo su barche diverse, ma siamo tutti nello stesso mare in tempesta. Cosa succederà quando la tempesta si placherà? I nostri intervistati hanno provato ad immaginarlo insieme a noi… Ma per leggerlo dovete aspettare il prossimo articolo. Nel frattempo, vogliamo augurarci che gli “andrà tutto bene”, il rispetto per chi fa qualcosa per noi, il voler fare qualcosa per gli altri, la consapevolezza che anche noi possiamo essere gli altri non ci abbandonino quando tutto questo, speriamo presto, finirà.
E se mai dovessimo dimenticarlo, appena possibile (magari per il prossimo “Dopocena solidale”), converrà fare un giro in Caritas: lì dove l’umanità si ricorda di essere tale, in tutte le sue sfumature.
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“Devi cambiare d’animo, non di cielo”: la frase che mi ripeto più spesso quando mi viene voglia di scappare; ma restare mi piace di più. Credo nelle radici anche quando meriterebbero di essere estirpate.
Il mio primo amore è stato – ed è – il calcio. A 14 anni ho iniziato a seguire il Sant’Antonio Abate, prima da appassionata e poi da addetto stampa: Eccellenza, serie D, Eccellenza e continua a leggere