Tra religione, società e contemporaneità: l’intervista a mons. Alfano
L’arcivescovo della Diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, Monsignore Francesco Alfano, si è recato sul suolo abatese per analizzare e commentare l’operato dei ragazzi del liceo “E. Pascal”. Anche noi abbiamo deciso di assistere al progetto, avendo anche l’occasione di intervistare l’ospite d’onore.
In data 19 febbraio 2020, il liceo “E. Pascal” di Sant’Antonio Abate ha avuto ricevuto la straordinaria visita del vescovo Monsignore Francesco Alfano. Le classi del triennio del liceo (di ambedue gli indirizzi), in onore della visita, hanno organizzato dei progetti per sensibilizzare al tema principale “io con l’altro” e per ascoltare le considerazioni del proprio ospite. Un ringraziamento particolare per l’organizzazione di questo evento va alla professoressa Rita Tavella.
Noi di Tutta n’ata storia non potevamo mancare ad un incontro così importante e abbiamo deciso di presentarci all’esposizione dei lavori anche per rivolgere qualche domanda al nostro Vescovo. Monsignore Alfano rivela subito di essere rimasto molto sorpreso nel vedere così tanti giovani preparati ad affrontare le insidie del futuro che riserva la vita. Ecco cos’altro ci ha detto.
Durante la manifestazione odierna si è parlato di beatitudine, intesa come benessere con noi stessi e con gli altri. Che consigli dà lei per raggiungere questo stato di agiatezza?
La beatitudine possiamo chiamarla anche “felicità”, che è l’obiettivo di ogni persona poiché ognuno tende ad essere felice. Questo traguardo riguarda soprattutto i giovani, i quali devono costruirsi un futuro e molto spesso possono arrendersi davanti ai tanti problemi della vita. Oggi in modo particolare. Sembra che la felicità sia sede di avidità, come fosse una risorsa da tenere per sé stessi, chiudendosi agli altri. Dall’incontro di stamattina, però, i ragazzi hanno sottolineato che si può essere felici solo aprendosi e accogliendo il prossimo, condividendo con lui i nostri momenti di gioia. Dunque il segreto per raggiungere la beatitudine è procurare felicità agli altri.
Un altro tema trattato è stato quella della religione vista da molti come uno strumento: ovvero un modo per unire le masse e guidare le anime delle persone. Cosa risponde lei a chi giudica in questo modo la religione?
Cominciamo col dire che le religioni al giorno d’oggi sono moltissime, ognuna delle quali possiede una propria spiritualità, un proprio insegnamento, i propri riti ed un proprio Dio. Ogni forma di credenza va rispettata perché trasmette ai propri fedeli virtù considerate patrimonio dell’umanità. Quando però una qualsiasi religione viene strumentalizzata, quest’ultima non è più rispettata. Sfruttare le emozioni delle persone suscitate dalla fede vuol dire allontanarsi da quello che è il fine ultimo della religione.
Le varie religioni sono gratuite, in particolar modo il cristianesimo, il quale basa la sua centralità sull’amore. Questo sentimento non è un mezzo o uno strumento, bensì un fine: la possibilità data ad ogni creatura umana di realizzare sé stessi insieme agli altri e di vivere come fratelli o sorelle uniti nel nome di Dio. Questo ci ricorda che non dobbiamo strumentalizzare le dottrine o le stesse religioni, perché ciò che conta davvero nella vita è il rispetto, l’accoglienza e l’unione fraterna.