Il cantautore Capo di Buona Speranza: “Il mio viaggio tra la musica, dal premio De André al futuro”
Come accennavi, al Premio hai presentato due pezzi. Partiamo da “Mediterraneo”: a noi ha ricordato molto il ritmo del Sud e ci ha fatto pensare a “I vatt a vott”, il gruppo di musica tradizional-popolare di cui sappiamo che hai fatto parte. Ci abbiamo visto giusto?
Sì, era proprio quello il sound che volevamo dare a “Mediterraneo”. Questo pezzo è nato nel periodo a cui avete fatto riferimento, quando ero immerso in un lavoro di ricerca sulla musica popolare. E, inevitabilmente, quella parte della mia esperienza passata è in qualche modo confluita in questa canzone. Ne sono orgoglioso, perché la musica popolare è il ritratto della nostra identità.
Il testo, come vi dicevo, è tratto da una poesia di Angelo Mascolo, scritta quando eravamo ragazzini, e da me rivisitata per metterla in musica.
La canzone che è stata selezionata per la finalissima, però, è “Questa idea di libertà”. Ascoltandola, abbiamo risentito qualcosa del grande cantautorato italiano: lo stesso De André, Guccini, Bertoli con “le masturbazioni cerebrali”, giusto per citare qualcuno. Anche in questo caso ci abbiamo preso?
Assolutamente sì, anche questa volta. Quella di Bertoli è una vera e propria citazione. In generale, dai cantautori che avete citato, ma anche da altri (Dalla, De Gregori, Capossela, ad esempio), più che la musicalità ho preso il modo di scrivere il testo. Per me da ascoltatore ha sempre avuto grande importanza il valore delle parole e ho cercato di riportarlo anche nei miei pezzi.
Abbiamo parlato del Premio, ma facciamo un passo indietro: quando è nato Capo di Buona Speranza?
Capo di Buona Speranza è nato circa un anno fa, quando ho iniziato a lavorare ad alcune canzoni che, in realtà, avevo già nel cassetto. Scrivere per me non è una cosa nuova, lo faccio da quando ero ragazzino; ma con l’inizio di Blue Train (un progetto di casa discografica indipendente che lo vede protagonista, ndr) ho deciso di condividere col pubblico questa parte di me che ho sempre tenuto nascosta e ho cominciato a registrare i pezzi.