Biobanche: una risorsa per la cura delle malattie genetiche rare
Avete mai sentito parlare di biobanche? Forse non tutti sanno che dietro ogni studio sulle malattie rare si nasconde una minuziosa conservazione e catalogazione dei campioni biologici analizzati. Cerchiamo di capirne di più.
Biobanche, cosa sono?
Una biobanca è una struttura senza scopo di lucro che si occupa della raccolta, conservazione e gestione di materiale biologico umano (tessuti, sangue, urina, DNA, ecc…) e dei relativi dati clinici. Questi consentono di tracciare il profilo genetico di un paziente: il materiale raccolto può essere usato per eventuali trapianti o diagnosi, mentre i dati, una volta analizzati, possono tornare utili per studi sulle malattie rare.
Le biobanche esistono sia su territorio nazionale, che europeo e, negli ultimi decenni, molti sono stati i motivi che hanno spinto la comunità scientifica delle biobanche a riunirsi formando dei network, in modo che una migliore coordinazione potesse sfruttare al meglio le loro potenzialità e fronteggiare la forte richiesta da parte dei ricercatori di dati ben organizzati e campioni opportunamente conservati. La presenza di un network consente, infatti, agli esperti del settore di accedere a grandi quantità di dati e a campioni affidabili, di grande importanza per la cura delle malattie rare.
Dove si trovano?
In Europa, nel 2001 è nata EuroBioBank, il primo network di biobanche, con lo scopo di accelerare la ricerca sulle malattie rare. Ad oggi, l’EuroBioBank comprende 25 partner da 9 paesi europei (Francia, Germania, Ungheria, Italia, Malta, Slovenia, Spagna, Regno Unito e Turchia) più Israele e Canada. Nei suoi ormai quasi vent’anni di attività ha totalizzato 150 000 campioni raccolti e diagnosticato 950 malattie rare.
Nel settore delle biobanche, l’Italia fa da capofila: grazie alla rinomata Fondazione Telethon – la principale associazione italiana a scopo benefico per lo studio delle malattie genetiche rare – è nato Telethon Network of Genetic Biobanks (TNGB). Dal 2007 il nostro paese vanta quindi una rete di biobanche tutta italiana. Attualmente fanno parte di TNGB ben 11 strutture situate a: Milano, Genova, Siena, Padova, S. Giovanni Rotondo, Napoli e Bologna.
Come si gestiscono i campioni?
Affinchè una biobanca sia quanto più affidabile, è necessario che le procedure di gestione dei campioni siano rigorose e sicure. Per quanto riguarda i campioni in entrata, essi devono essere registrati nel database della biobanca locale, previo consenso del paziente o del tutore legale, per poi essere catalogati con un codice unico, accessibile solo al personale della banca.
La procedura di uscita dei campioni, invece, prevede che l’accesso al campione sia consentito solo a professionisti qualificati, provenienti da centri di ricerca del settore riconosciuti; la biobanca deve inoltre garantire che una frazione del campione vada preservata e mantenuta a disposizione del paziente, in caso di eventuali analisi future.
Sebbene la gestione dei campioni sia affidata alle singole biobanche a livello locale, la catalogazione dei dati è interamente centralizzata.
Qual è il segreto per un buon network?
Alla base del corretto funzionamento del network vi è la comunicazione, sia tra le banche stesse, sia tra le banche ed i pazienti. Perchè il network funzioni, infatti, è indispensabile che vi sia una forte collaborazione all’interno della comunità biomedica e, allo stesso tempo, bisogna promuovere l’attività delle biobanche all’interno delle associazioni dei pazienti, per una maggiore consapevolezza, attraverso workshop e incontri. TNGB, ad esempio, riserva ai rappresentanti delle suddette associazioni un ruolo con potere decisionale, in modo da coinvolgerli nelle scelte politiche e nelle procedure di miglioramento delle infrastrutture del network.
Perchè sono importanti?
Centralità e collaborazione sono quindi le parole chiave per raggiungere risultati significativi: già nel 2013, TNGB ha pubblicato un rapporto in cui stimava 784 progetti che hanno utilizzato i dati da loro forniti, 441 richieste di accesso ai campioni, 18 famiglie a rischio malattie rare a cui è stata fornita consulenza genetica. Insomma, anche i numeri confermano che insieme è meglio che da soli, perché l’unione fa la forza.
Come si fa a descrivere se stessi? Non lo so, ma so quello che gli altri dicono di me.
Qualcuno dice che io sia ostinata e rompiscatole. Tutti dicono che io sia coraggiosa, e uno dei motivi è perché studio Fisica. Sì, è vero, è stata la scelta più folle della mia vita ma, quando l’ho fatta, sapevo che mi sarebbe piaciuto studiare come riassumere l’Universo in leggi concise e ben ordinate.
Ciò che non sapevo è che avrei avuto l’opportunità di lavorare in contesti interazionali, stravolgendo totalmente il mio punto di vista su molte cose, e che interagire con persone di culture diverse mi avrebbe messo ogni volta di buon umore, specie se a tavola o davanti a una birra; non sapevo nemmeno che avrei imparato a vivere lontano da casa, sperimentando innumerevoli partenze e ritorni, ed i maledetti sentimenti contrastanti che ne derivano.
Oltre ciò che dice la gente, qualcosa ho imparato a capirla anch’io di me.
Mi piace osservare le persone per capire cosa c’è oltre la superficie. Non mi piacciono le persone banali, preferisco quelle che sembrano tali, ma poi nascondono dietro un mondo. Non mi piacciono gli anticonformisti a tutti i costi. Mi piace chi ascolta prima di parlare.
Mi piace l’ordine e l’armonia, ecco perché la danza è una mia grande passione: mi basta vedere un ballerino fare due pirouette o un grand jetè e sono felice.
Credo nel valore del cibo: tra cucinare e mangiare in compagnia non saprei scegliere cosa mi fa stare meglio. Mi diletto a preparare ricette sempre nuove, adoro alcuni piatti orientali, ma non rinuncerei mai ai sapori della mia terra.
Mi incuriosisce esplorare nuovi luoghi, ognuno con le sue tradizioni, ma fino ad ora niente è mai riuscito ad acquietarmi come il mare di Napoli col Vesuvio sullo sfondo. Per me dire Napoli è dire Massimo Troisi perché “Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m’ha mai parlato della pizza, e non m’ha mai suonato il mandolino”.
A proposito di casa e di ciò che mi piace, credo nel potere dell’aggregazione e dell’attivismo giovanile e, fortuna ha voluto che incontrassi persone con visioni a tratti uguali e a tratti opposte, ma che si combinano perfettamente, e trovano modo di esprimersi in quella che è Tutta n’ata storia. Personalmente, mi occupo della rubrica scientifica di questo sito, che mette sempre a dura prova la mia capacità di spiegare concetti complicati in parole semplici. Il titolo della sezione è “Dove andremo a finire?” e la risposta è in ogni articolo in cui si parla di futuro, sostenibilità ambientale, progresso scientifico e tanti altri fatti.