Taglio parlamentari: verso il referendum costituzionale
Gli italiani sono chiamati ad esprimersi sulla riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari. Nessun quorum necessario. Conte: “Si vota il 29 marzo”.
“Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, ha convenuto sulla data del 29 marzo per l’indizione del referendum popolare sul testo di legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari”. In attesa dell’ufficialità – che sarà sancita con decreto del Presidente della Repubblica – il comunicato di Palazzo Chigi annuncia la data della prossima chiamata alle urne.
Il quesito referendario avrà ad oggetto la conferma o meno della riforma costituzionale che vorrebbe tagliare il numero dei membri del Parlamento. Il testo prevede una riduzione da 630 deputati a 400 e da 315 senatori a 200. Viene viene limitato a 5 (in totale) il numero dei senatori a vita, mentre, secondo l’attuale formulazione dell’art. 59 Cost, ciascun Presidente della Repubblica avrebbe la facoltà di nominarne 5, con la conseguenza che il loro numero effettivo potrebbe essere anche superiore. Abbassato anche il numero dei parlamentari eletti all’estero (da 18 a 12).
Si tratterà di un “referendum costituzionale” per il quale, a differenza di quello “abrogativo” (finalizzato all’abrogazione di una legge) non è richiesto alcun tipo di quorum partecipativo (il referendum abrogativo, invece, richiede la partecipazione alla votazione della maggioranza degli aventi diritto).
Infatti, come previsto dall’art. 138 della Costituzione, “la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi”. Significa che, per entrare in vigore, è necessario solo che i voti favorevoli alla riforma superino quelli a sfavore.
L’art. 138, che disciplina il procedimento per modificare il testo costituzionale, stabilisce, inoltre, che è possibile indire un referendum popolare quando ne facciano richiesta un quinto dei membri di ciascuna Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, e sempre che la legge costituzionale non sia stata approvata, nella seconda votazione (si ricordi che una legge costituzionale richiede due successive deliberazioni per ciascuna Camera), a maggioranza di due terzi dei membri di ogni Camera. Nel caso di specie, la consultazione referendaria è stata promossa dalle firme di 71 senatori.
Quello della prossima primavera sarà il quarto referendum costituzionale della storia repubblicana, l’ultimo dei quali (Riforma Boschi, 4 dicembre 2016) determinò le dimissioni dell’allora Premier Matteo Renzi. Anche questa volta, un possibile esito sfavorevole potrebbe minare le fondamenta del governo giallo-rosso, segnando le sorti del Movimento 5 Stelle che, del taglio dei parlamenti, ha fatto il suo cavallo di battaglia. E a chi si interroga sui possibili scenari all’indomani del voto, risponde il Presidente Giuseppe Conte: “Siamo fiduciosi che ci sia un ampio schieramento dei cittadini a favore di questa riforma. Crolla il governo? No, direi proprio di no, non vedo connessioni”.
Staremo a vedere.
Classe 1995 e svariati sogni nel cassetto. Diritto, politica e astronomia sono le mie passioni: razionale al punto giusto, nel tempo libero mi lascio affascinare dall’infinito. Passerei intere giornate a leggere classici perché in uno vi ho letto che “la bellezza salverà il mondo”. E ci credo follemente.