Essere editori – Quando un mestiere smarrisce se stesso

Più libri più liberi è la fiera editoriale dedicata alla piccola e media editoria, tuttavia lo slogan suscita in chi frequenta il mondo dell’editoria contemporanea italiana qualche perplessità. Abbiamo fatto un piccolo salto indietro nel tempo per ricordare le origini dell’editoria. 
 

Si è aperta ieri a Roma, presso il centro congressi La nuvola, la fiera della piccola e media editoria Più libri più liberi, che si concluderà domenica 8 Dicembre. 

Ma dove, quando e con chi inizia la storia dell’editoria italiana? Per rispondere a questa domanda, basta fare un unico grande nome: Aldo Manuzio. Tipografo italiano che nel ‘500 elevò il mestiere di stampatore a quello di editore. Sui volumi da lui pubblicati era riportato il motto Festina lente. Un motto che suona oggi, in una società che fa della velocità uno dei suoi tratti peculiari, estremamente attuale, soprattutto per chi, seppur a distanza di cinque secoli, lega la propria attività e il proprio essere alla letteratura e al libro.
Aldo Manuzio è una figura fondamentale non solo per l’Italia, ma per l’Europa intera; cardine dell’epoca più rosea della nostra penisola, quel Rinascimento che ci rende celebri nel mondo, eppure assai poco noto al di fuori di certi ambienti.

Fu un genio nel senso più moderno del termine, accostabile a figure della contemporaneità del calibro di Steve Jobs, 

capace di cogliere e interpretare le potenzialità, ma anche i possibili limiti di una scoperta rivoluzionaria come quella della stampa a caratteri mobili.
Grazie a lui il libro cambiò materialmente, assumendo una cura e un valore estetico assimilabili a quelli dei manoscritti, ma sviluppando anche caratteristiche completamente nuove, prima inimmaginabili, come la portabilità. Manuzio inventò il formato in ottavo, antesignano a pieno titolo dei moderni tascabili. Il suo genio, che potremmo pienamente definire imprenditoriale, fu però sempre al servizio di un ideale.

Prima di diventare tipografo ed editore ante litteram, egli fu precettore, oggi diremmo insegnante privato, e proprio questo suo desiderio di istruire e di diffondere la conoscenza lo spinse, forse, ad intraprendere la strada che lo ha reso grande. Emblematico, in questo senso, il primo libro su cui la sua marca editoriale si pose: una grammatica greca.
Fu dunque il desiderio di diffondere il sapere ad illuminare la mente di Manuzio e a far nascere l’editoria. Fino a quel momento chi stampava libri, guardava ciò che le persone cercavano e richiedevano, senza neppure sforzarsi troppo di cogliere e provare ad anticipare i bisogni futuri, men che meno quelli culturali. I libri erano oggetti come gli altri per i primi tipografi d’Europa, non per Aldo Manuzio. che ne comprese le potenzialità e prese a stampare non solo i già noti autori latini, e gli scrittori su cui andava formandosi la nostra tradizione letteraria (Dante e Petrarca su tutti), ma anche i grandi autori greci: Aristotele, Teocrito, Esiodo, Plutarco, Demostene e tanti altri. Con fatica enorme e correndo grandissimi rischi, creò quello che oggi sarebbe il catalogo di una casa editrice, in cui i diversi testi si richiamavano l’un altro, arricchendosi e completandosi. Guidato solo dalla sua cultura e dalle sue idee riuscì a creare qualcosa di innovativo, ad imprimere il proprio marchio sulla storia.
Avvalendosi dell’aiuto di eruditi e studiosi, diede senso ad un’invenzione, forma ad un’epoca e inventò un mestiere.

Un mestiere, quello di editore che oggi in Italia sembra quasi sparito, svuotato com’è di quel ruolo culturale che pure vi sarebbe insito. Oggi le grandi case editrici che popolano le librerie e dominano il web, non hanno più una missione culturale, delle idee da trasmettere. Non si sentono più responsabili di un sapere da tutelare e diffondere.
Dopo cinquecento anni lo spirito di Aldo Manuzio che ha vitalizzato l’editoria sembra, proprio in Italia, smarrito.

Tornando a Più libri, più liberi, pur non avendo nulla contro questo tipo di eventi, salvo quando si riducono (purtroppo spesso) ad ennesima occasione di svendita, pensiamo possano essere occasione di riflessione sulla contemporanea editoria italiana, anche in virtù di quanto già detto a riguardo. E se la soluzione – anche se non definitiva – fosse l’anti-slogan Meno libri più liberi? Perché troppo di quello che viene pubblicato non vale il costo della carta che è stata sacrificata. Perché sarebbe ora che gli editori riscoprissero, per provare a trasmetterla ai lettori, la lezione di Manuzio più chiara ed evidente: Festina lente affrettarsi con lentezza”. Perché se il mercato, la stampa, il commercio richiedono velocità, oggi più che mai, la cultura continua a pretendere lentezza e solidità.