Plastic tax: questo è il problema (?)
La manovra di Governo in elaborazione nelle ultime settimane ha reso la plastic tax uno degli argomenti clou del momento. L’imposta sulla plastica monouso dovrebbe entrare il vigore dal 2020, ma di cosa si tratta nello specifico? Quali sono i parametri europei da seguire? A cosa (o a chi) dovrebbe servire?
Da dove nasce la plastic tax?
L’idea della tassa sulla plastica nasce da un’esigenza ambientale dettata dai dati: secondo un report della Commissione Europea di gennaio 2018, 25.8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici vengono prodotti solo in Europa ogni anno, di cui solo il 20% viene riciclato; 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno; 400 milioni di tonnellate di CO2 vengono prodotte ogni anno per la produzione e incenerimento della plastica; inoltre la domanda di mercato per la plastica riciclata è molto bassa, quindi molti degli scarti che potrebbero potenzialmente essere riciclati restano inutilizzati.
La plastic tax viene pensata proprio per risolvere – o quantomeno migliorare – questa situazione. Le modalità e le strategie con cui può essere sottoposta sono molteplici, e la scelta è a discrezione del governo.
Come si produce la plastica?
Rethink plastic, una rete di ONG leader europee del settore, ha pubblicato un articolo che dovrebbe fare da manuale per i governi dei paesi europei che intendono cominciare a tassare la plastica.
Innanzitutto, la catena di produzione della plastica è piuttosto articolata e prevede:
• la produzione dei materiali sotto forma di monomeri etilene, propilene e benzene, successivamente trasformati in polimeri, come il polietilene;
• la conversione industriale dei polimeri in plastica finita, a cui segue la produzione dei prodotti contenenti o interamente composti dalla plastica;
• il consumo dei prodotti e loro eliminazione.
In principio la tassa può essere applicata a qualunque livello della catena, una delle difficoltà è infatti capire dove è più opportuno agire, tenendo comunque presente che difficilmente una sola tassa riesce a cambiare il comportamento dei consumatori e incentivare i produttori in strategie circolari. Una cosa però è certa: per essere un materiale prodotto da zero, la plastica è davvero troppo economica.
Quali sono le strategie da seguire?
Rethink plastic afferma che “è necessario stabilire qual è l’obiettivo specifico della tassa. Bisogna chiedersi, ad esempio: si vuole cambiare il modo in cui i prodotti vengono realizzati, o aumentare i prezzi di ciò che compriamo e usiamo? O entrambe le cose?”
Spiega poi gli errori da evitare: “Altro aspetto da considerare è l’incidenza della tassa: ad esempio, si può immaginare di introdurre una tassa sui combustibili fossili, che vada a gravare sulle aziende produttrici di elettricità, ma il rischio è che queste ultime possano scaricare la tassa sui consumatori, aumentando i prezzi del prodotto. Così facendo l’obiettivo di diminuire l’utilizzo di fonti fossili da parte delle aziende fallisce, e il risultato è solo una spesa in più per i consumatori.
Le tasse che hanno come scopo quello di cambiare un comportamento diffuso, devono essere pensate in modo che questo cambiamento sia realistico e relativamente semplice. Inoltre, in alcuni casi, le tasse possono anche agire come stimolo per l’innovazione: è stato infatti dimostrato che l’aumento dei prezzi dell’energia ha indotto lo sviluppo di tecnologie più efficienti.”
Oltre ad una strategia vincente, un buon governo dovrebbe preoccuparsi anche di come la tassa viene introdotta ai suoi cittadini, facendo sì che essi non la avvertano come l’ennesima spesa che lo Stato gli accolla, ma si sentano protagonisti di un cambiamento necessario che è nel loro stesso interesse.
È chiaro che l’ideale sarebbe che tutti diventassero sensibili al tema e imparassero a fare a meno della plastica, ma i cambiamenti di mentalità possono impiegare anche decenni, e la situazione di emergenza che viviamo richiede soluzioni più immediate. Non possiamo dire che la plastic tax funzioni se non l’avremo prima sperimentata. Certo è che un provvedimento simile c’è stato nel 2017, quando fu introdotta la tassa sulle buste della spesa. Anche quello era un modo per disincentivare un abitudine comune, ed anche in quel caso in molti storsero il naso, eppure nel giro di poco tempo le buste di plastica al supermercato sono diminuite a vista d’occhio, diventando quasi un’eccezione.
Qual è la situazione italiana?
In Italia non abbiamo una tassa sulla plastica, ma il Governo sta lavorando per introdurla nel 2020.
Anche se il Governo è convinto di volerla, non sa ancora bene come intende farlo. Quel che si sa è che a partire dal prossimo anno, sarà applicata una imposta dal valore di un euro al kg sugli imballaggi di plastica monouso, escludendo le plastiche compostabili e i prodotti sanitari. Oltre a cercare di ridurre gli sprechi, la manovra guarderà anche in un’ottica futura, sostenendo le alternative sostenibili.
Sarà quindi un provvedimento a due facce, che tenterà di disincentivare chi inquina e, allo stesso tempo, di invogliare chi fa scelte sostenibili. Resta da capire se i destinatari saranno solo i consumatori, o anche i produttori, dal momento che il Ministro dell’Economia Gualtieri ha dichiarato di stare consultando anche gli operatori del settore.
Restiamo in attesa della versione definitiva della manovra, per poter finalmente dare il nostro giudizio favorevole o contrario, con l’auspicio che l’obiettivo primario di ridurre la produzione e il consumo di plastica venga raggiunto.
Fonti: www.zerowasteeurope.eu, www.ansa.it
Come si fa a descrivere se stessi? Non lo so, ma so quello che gli altri dicono di me.
Qualcuno dice che io sia ostinata e rompiscatole. Tutti dicono che io sia coraggiosa, e uno dei motivi è perché studio Fisica. Sì, è vero, è stata la scelta più folle della mia vita ma, quando l’ho fatta, sapevo che mi sarebbe piaciuto studiare come riassumere l’Universo in leggi concise e ben ordinate.
Ciò che non sapevo è che avrei avuto l’opportunità di lavorare in contesti interazionali, stravolgendo totalmente il mio punto di vista su molte cose, e che interagire con persone di culture diverse mi avrebbe messo ogni volta di buon umore, specie se a tavola o davanti a una birra; non sapevo nemmeno che avrei imparato a vivere lontano da casa, sperimentando innumerevoli partenze e ritorni, ed i maledetti sentimenti contrastanti che ne derivano.
Oltre ciò che dice la gente, qualcosa ho imparato a capirla anch’io di me.
Mi piace osservare le persone per capire cosa c’è oltre la superficie. Non mi piacciono le persone banali, preferisco quelle che sembrano tali, ma poi nascondono dietro un mondo. Non mi piacciono gli anticonformisti a tutti i costi. Mi piace chi ascolta prima di parlare.
Mi piace l’ordine e l’armonia, ecco perché la danza è una mia grande passione: mi basta vedere un ballerino fare due pirouette o un grand jetè e sono felice.
Credo nel valore del cibo: tra cucinare e mangiare in compagnia non saprei scegliere cosa mi fa stare meglio. Mi diletto a preparare ricette sempre nuove, adoro alcuni piatti orientali, ma non rinuncerei mai ai sapori della mia terra.
Mi incuriosisce esplorare nuovi luoghi, ognuno con le sue tradizioni, ma fino ad ora niente è mai riuscito ad acquietarmi come il mare di Napoli col Vesuvio sullo sfondo. Per me dire Napoli è dire Massimo Troisi perché “Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m’ha mai parlato della pizza, e non m’ha mai suonato il mandolino”.
A proposito di casa e di ciò che mi piace, credo nel potere dell’aggregazione e dell’attivismo giovanile e, fortuna ha voluto che incontrassi persone con visioni a tratti uguali e a tratti opposte, ma che si combinano perfettamente, e trovano modo di esprimersi in quella che è Tutta n’ata storia. Personalmente, mi occupo della rubrica scientifica di questo sito, che mette sempre a dura prova la mia capacità di spiegare concetti complicati in parole semplici. Il titolo della sezione è “Dove andremo a finire?” e la risposta è in ogni articolo in cui si parla di futuro, sostenibilità ambientale, progresso scientifico e tanti altri fatti.