Kurt Cobain: quando l’arte supera la morte

Segnato dal divorzio dei suoi genitori a soli 7 anni, Kurt Cobain scopre crescendo il suo talento innato per la musica: raggiunge il successo in modo inaspettato con una delle band che hanno fatto la storia della musica, i Nirvana. La sensazione che, però, forse la sua arte non venisse apprezzata per ciò che fosse l’ha portato al gesto estremo del suicidio, entrando a far parte del famoso “Club dei 27”.

Kurt Cobain nel bene e nel male lo conosciamo tutti.  
Nasce ad Aberdeen nel 1967, figlio di una segreteria e di un meccanico, è costretto a subire il trauma del divorzio dei genitori a soli 7 anni, fatto che gli segnerà la vita intera.  
Non ha la pretesa o il desiderio di diventare qualcuno, semplicemente il successo è arrivato e lo ha travolto; lui vuole solo suonare la chitarra ritmica, nascosto in fondo al palco, ma per sua (s)fortuna ha un talento innato per la scrittura. 
 
Nonostante il rapporto quasi del tutto assente con i genitori e le difficoltà che la vita gli riserva, Kurt trova la forza di andare avanti e a solo (soli) 20 anni mette su una band destinata a cambiare le sorti della musica, che non a caso chiama Nirvana, un concetto buddista che esprime ´la libertà dal dolore e della sofferenza del mondo esterno´, filosofia a cui Cobain rimarrà legato per sempre.  
Nel 1991 pubblica insieme a Krist Novoselic (basso) e Dave Grohl (batteria),  “Nevermind”l´album che li consacra miti indiscussi della scena grunge, portandoli di diritto alla prima posizione della Billboard 200 (la classifica degli album più venduti negli Stati Uniti) e riuscendo a vendere milioni di copie in tutto il mondo e il singolo estratto Smells Like Teen Spirit, diviene l´inno di un´intera generazione.  
Dopo vari live in giro per il mondo, i Nirvana pubblicano il loro secondo e ultimo album  “In Utero”, un lavoro molto più maturo e ricercato, che riconferma ancora una volta la band tra le grazie del pubblico.  
Mentre la sua carriera è all´apice però, la vita privata e la salute di Kurt peggiorano: depressione, mal di stomaco (forse dovuto ad un´ulcera), malessere interiore e la paura che la sua musica stesse venendo male interpretata e strumentalizzata a causa del successo, lo portano a fare uso di droghe pesanti, sviluppando una dipendenza da eroina.  
Quella stessa maledetta eroina, che lo porta al suicidio.  
Kurt verrà trovato morto solo dopo 3 giorni, e per una tragica coincidenza muore anche lui alla tenera età di 27 anni, entrando di diritto nel “Club dei 27” insieme a JimMorrison,  Janis Joplin e Jimi Hendrix, diventando anch´egli uno degli artisti maledetti.  
 
La vita di Kurt Cobain è un continuo passare dal paradiso all´inferno; un voler ricercare quella felicità che gli era stata negata da bambino, ma che trova uno spiraglio di luce nella nascita di sua figlia Franceas, avuta dalla relazione con Courtney Love, storia d´amore che secondo alcuni lo ha portato alla morte (esistono infatti molte teorie sul presunto assassinio di Kurt Cobain).  
L´animo del ´cantautore´ è un animo sensibile e gli insegnamenti che ci ha lasciato lo dimostrano: interviste, fotografie e le stesse canzoni dei Nirvana, sono una testimonianza diretta di tutto ciò.  
Un uomo che amava (e a volte odiava) la sua grande passione: la musica, ma che grazie ad essa ha saputo donare a molti una coscienza diversa, proprio come fa un utero materno, da dove nasce un bambino ed inizia quella straordinaria magia chiamata vita.

Mariasofia Mucci

"In direzione ostinata e contraria" come Fabrizio De André.  Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire. Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.