Pinuccio Sciola: lo scultore che ha fatto “cantare” la pietra

In Sardegna, a San Sperate, l’artista Pinuccio Sciola ha dedicato la sua vita alle rocce, trasformando la muta e immobile materia in magici strumenti musicali. Vi raccontiamo l’uomo che ha scolpito le pietre sonore.

Tra i vicoli di San Sperate, in Sardegna, decine di murales firmati da artisti di tutto il mondo e arcaiche e misteriose opere monolitiche ricordano l’operato di Pinuccio Sciola, artista sardo scomparso nel maggio del 2016. Un paesino di ottomila abitanti, che non molto poteva offrire a eventuali visitatori, è diventato, poco più di cinquant’anni fa, sfondo di una rivoluzione artistica che ha trasformato un anonimo tessuto urbano in un vivace laboratorio a cielo aperto.

Chi era Pinuccio Sciola
Merito dello scultore Pinuccio Sciola, personaggio visionario e ostinato, deciso a cambiare le sorti della sua terra e della sua comunità.
Sciola nasce nel 1942 proprio a San Sperate, in una famiglia di contadini. Da adolescente, partecipa come autodidatta a una mostra-concorso, ottenendo così una borsa di studio che gli permette di iscriversi all’Istituto d’Arte di Cagliari. Dopo il liceo, Sciola studia prima a Firenze e, in seguito, all’Accademia Internazionale di Salisburgo, fino ad arrivare – nel 1967- all’Università di Moncloa a Madrid. Sviluppa e perfezione la sua idea di arte e presto riesce ad arrivare ben più lontano della sua Sardegna.

Sciola espone le sue opere in mostre sempre più importanti, dalla Biennale di Venezia nel 1976, fino ad arrivare all’Expo Internazionale di Hannover e all’Avana nel 2002.
Budapest, Shangai, Città del Messico, Parigi, Barcellona, sono solo alcune delle città che hanno ospitato Pinuccio Sciola e le sue opere.
Eppure, dopo ogni viaggio, Sciola sceglie comunque di tornare nel suo paese d’origine, per avviare e perseguire – anche attraverso la sua opera – la valorizzazione della Sardegna.
Proprio a San Sperate, nel ‘68, mentre il Paese viene attraversato dalla protesta giovanile, Pinuccio Sciola avvia la sua pacifica “rivoluzione dei muri bianchi”, intonacando i muri di terra cruda in tutto il paese per trasformarli in enormi e candide tele.
Diventa così pioniere del muralismo sardo, richiamando negli anni artisti internazionali.

Le pietre sonore
La svolta dell’opera di Sciola arriva nel 1996 quando svela al mondo il canto della pietra.
Partendo da un amore particolare per una materia muta e statica, Sciola dedica decenni a studiarla, plasmarla e modificarla. Le ha inferto lunghi e numerosi tagli longitudinali fino a riuscire a liberare l’anima della terra.
Le pietre hanno iniziato a “cantare” suoni diversi e ben definiti a seconda della densità della roccia e del tipo di incisione. È questo l’incantesimo di Sciola: far cantare un materiale muto.
“Da tempo con la pietra vado scoprendo emozioni sopite da silenzi irreali, ma la musica che riesco a far scaturire dalle sculture non ha niente di terreno, sono suoni astrali. Questo non fa che confermare una mia intuizione quando ho scoperto il cielo dentro il basalto”, dichiara Sciola in un’intervista.
Le pietre sonore vengono presentate, per la prima volta, in occasione del Festival Time Jazz di Berchidda in Sardegna e suonate dal percussionista Pierre Favre.

Le opere di Sciola nascono da blocchi di basalti e calcari sardi, i materiali più antichi dell’isola: attraverso incisioni di spessore e profondità diversa, la pietra riesce letteralmente a rispondere alla pressione delle mani sulla roccia con suoni e, in alcuni casi, vere e proprie melodie.
“Quando la sfioro, con la coda dell’occhio vedo che molti si commuovono e, a volte, piangono. Io so di avere una missione – confida lo scultore – quella di ricreare un nuovo rapporto con la natura”.
La roccia non è più immobile e fredda, ma vibra, emette suoni e trasmette a chi la ascolta tutta la forza della terra. È sorprendente sentire una roccia “cantare”, e l’incredulità che ne deriva contribuisce in qualche modo a risvegliare il rispetto per la potenza della natura.

Le pietre sonore dopo Sciola
Oggi, a tre anni dalla morte di Pinuccio Sciola, lui è ancora a San Sperate nel Giardino Sonoro: un vero e proprio parco museo, aperto al pubblico, dove i suoni delle pietre si propagano rimbalzando sulle foglie degli alberi, diffondendo musiche astrali. Il museo a cielo aperto di San Sperate è uno spazio culturale, in cui con rispetto e creatività, si può anche provare l’emozione di suonare gli elementi rocciosi, strumenti del tutto insoliti.
I visitatori del Giardino Sonoro vengono accompagnati nella scoperta di numerose “melodie”, prodotte da rocce sottoposte a lavorazioni differenti: è un modo del tutto nuovo di ammirare la scultura.

Prosegue ancora l’incessante lavoro di Sciola, grazie all’impegno dei suoi tre figli, che tramite la Fondazione Sciola si dedicano a portare avanti la sua incessante ricerca artistica.
Sciola è, inoltre, presente con le sue opere in numerose collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.
A lui, artista sardo, italiano, va il merito di aver dimostrato che, davvero, abbiamo tutti nel petto un violino, anche quando quel petto pare custodire solo un cuore di pietra.


“Quando non ero e non era il tempo
Quando il caos dominava l’universo
Quando il magma incandescente colava il mistero della mia formazione
Da allora il mio tempo è rinchiuso in una crosta durissima
Ho vissuto ere geologiche interminabili
Immani cataclismi hanno scosso la mia memoria litica
Porto con emozione i primi segni della civiltà dell’uomo
Il mio tempo non ha tempo.
P. Sciola

Marzia Mascolo

La più realista tra i sognatori, la più disfattista degli ottimisti. Una perfezionista, dicono in molti. Futuro architetto, innamorata dell’arte in ogni sua forma. Mi piace osservare, scovare il dettaglio sfuggito al primo sguardo. Camminare a testa alta, perché ho imparato che la prospettiva sa cambiare di continuo e - con gli occhi bassi - si perde tanta bellezza 
L’università mi ha trasformata in continua a leggere