L’Iliade di Omero riscritta da Baricco: perché?
Da un progetto nato per leggere l’Iliade in pubblico, Alessandro Baricco ha riportato su carta un lavoro interessante su uno dei classici più studiati: il primo poema omerico diventa, così, alla portata di un pubblico ancora più ampio.
La narrazione dei cinquantuno giorni della guerra di Troia, descritti in versi dal poeta Omero, è la base da cui parte lo scrittore, saggista, critico musicale Alessandro Baricco per dare nuova luce e rendere fruibile ad una fascia maggiore di pubblico uno dei capisaldi della letteratura greca e occidentale: l’Iliade.
LA STORIA
Sono passati ormai quasi dieci anni dall’inizio della guerra: il rapimento della donna più bella del mondo, Elena di Sparta, moglie di Menelao, fratello di Agamennone, da parte del troiano Paride è la causa che scatena il conflitto leggendario tra i re greci e la città di Troia. Tra flotte achee e mura mastodontiche troiane spiccano le figure dei due eroi più famosi: da un lato Achille, semidio e guerriero greco affamato di gloria, dall’altra Ettore, erede primogenito del regno di Ilio. È dall’ira del primo che Omero inizia a cantare le gesta dei guerrieri, le battaglie sanguinose, gli aiuti divini e le forti emozioni dei personaggi vissute in quei cinquantuno giorni.
LA RISCRITTURA
In un modo assolutamente inedito, Alessandro Baricco porta alla ribalta il poema omerico e lo fa non senza difficoltà. Nell’idea di leggere in pubblico l’Iliade, ha incontrato due gradi ostacoli: la lunghezza e la complessità. È su questi due punti che lavora l’autore: sceglie in primis una traduzione italiana da cui partire (quella in prosa di Maria Grazia Ciani) e poi fa una serie di interventi. Per prima cosa, taglia il testo per ricondurlo ad una “durata compatibile con la pazienza di un pubblico moderno” – dice l’autore nella premessa del libro – rimuovendo le numerose ripetizioni e tutte le apparizioni degli dei, facendo quindi emergere l’ossatura laica del testo, in una “logica degli eventi che abbia l’uomo come ultimo artefice.” Il secondo intervento è stilistico: guida la narrazione in un ritmo fatto di “una particolare velocità e di una speciale lentezza”. Il terzo intervento, quello più evidente, consiste nel girare la narrazione in soggettiva: a cantare in “Omero, Iliade” non è più il poeta esterno, ma i personaggi stessi; sono loro a coinvolgere il pubblico nel fulcro degli eventi, diventando bastone a cui appoggiarsi per l’immedesimazione più pura, una vera e propria operazione di tipo empatico. L’ultimo intervento non è meno importante: l’autore effettua delle aggiunte, poche, ma necessarie. Sono delle appendici dichiarate; la più visibile di tutte è quella finale, in cui Baricco ha sentito il bisogno di svelare al lettore come finisce la guerra di Troia (cosa che nell’Iliade originale non c’è) attraverso uno dei passi dell’Odissea, quando Demodoco, alla corte dei Feaci, davanti a Ulisse, decanta l’ingegno dei greci nell’inventare il cavallo di legno che porterà alla caduta della città troiana.
L’INSEGNAMENTO
La totale assenza del divino nella riscrittura di Baricco porta la leggenda della guerra di Troia ai giorni nostri, facendo emergere dal testo omerico ciò che per tanti secoli e fino a poco fa è stata la protagonista della storia: la guerra. E gli anni in cui l’autore fa questo intervento non sono anni qualunque: i primi anni 2000 sono stati anni di barbarie, battaglie, violenze, assassinii, torture, decapitazioni, tradimenti. Veniamo dal secolo delle due grandi guerre mondiali e ancora continuiamo a combatterci per sete di potere. È proprio questo che tenta di fare Baricco: cogliere il senso più profondo dell’Iliade, “tra le righe di un monumento alla guerra, la memoria di un amore ostinato per la pace”: la voglia di quiete dei protagonisti leggendari. In una storia scritta dai vincitori, rimangono anche le figure dei nemici troiani; in un susseguirsi di attacchi e battaglie sanguinose, ciò che resta e che viene sottolineato è la lealtà delle persone, il loro animo rispettoso nei confronti del prossimo, incarnando l’ipotesi di una civiltà alternativa, libera dal dovere della guerra. Sono queste le ragioni ci ha tramandato l’Iliade e che dal poema originale o dalla riscrittura di Baricco dovremmo imparare a tener a mente.
La storia insegna, da sempre; ma evidentemente noi non siamo bravi studenti.
Sono Gabriele, studio architettura nella splendida cornice di Napoli e scrivo per Tutta N’ata storia insieme ad un gruppo di amici ormai da un bel po’, nella convinzione di riuscire a reinventarsi sempre, nonostante tutto. Questa esperienza è nata quasi per caso ed insieme a tante altre ha fatto di me la persona che sono oggi, una persona diversa da ieri e anche da domani, che non vuole mai smettere di crescere e di imparare continua a leggere