Con l’Amazzonia va a fuoco il nostro futuro
Mentre in Italia l’attenzione mediatica è tutta concentrata sulla caduta del governo, dall’altra parte del mondo, in Amazzonia, ettari di terra stanno bruciando la più grande fonte di ossigeno del pianeta, e le cause non sono naturali.
Le sorti del governo italiano determinano senza dubbio il futuro del nostro paese, ma gli incendi che stanno distruggendo la foresta amazzonica rischiano di compromettere il futuro dell’intero pianeta, ed è paradossale come la vicenda stia passando totalmente in secondo piano sui media.
Per avere un’idea di quanto stia andando a fuoco, basta pensare che l’Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale (Inpe) brasiliano ha registrato oltre 74mila incendi nel 2019, l’83% in più rispetto allo scorso anno, segnando il record più alto di sempre.
Lo stesso Inpe ha, inoltre, diffuso una tabella che riporta il numero di incendi per anno che si sono verificati in Amazzonia a partire dal 2013: in sei anni sono all’incirca raddoppiati.
L’aspetto politico
Il sito della BBC, uno dei pochissimi tra i siti sia italiani che inglesi a documentare i fatti in maniera dettagliata, attribuisce in maniera abbastanza diretta la colpa alla politica del nuovo presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che poche settimane dopo la diffusione dei dati ha licenziato il capo dell’Istituto, ed ha sostenuto dall’inizio del mandato (gennaio 2019) una politica di sviluppo piuttosto che di conservazione dell’area.
L’Amazzonia, la più grande foresta pluviale al mondo situata in Sudamerica, ospita tre milioni di specie tra piante e animali, ed un milione di indigeni, e la zona boschiva si estende per oltre 5 milioni di chilometri quadri, coprendo gli stati di Brasile per il 64%, ma anche Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese.
Gli incendi che si stanno spargendo negli ultimi giorni sono in parte dovuti alla stagione secca del Brasile, ma i numeri sono troppo elevati per non pensare anche a una deforestazione illegale, che avrebbe tra vari scopi economici quello di sostituire le foreste con nuovi allevamenti di bestiame. E che favorirà di certo il riscaldamento globale, accelerandone i tempi.
Da parte sua, Bolsonaro ha provato a difendersi incolpando le ONG a cui stava tagliando i finanziamenti e che vorrebbero metterlo in cattiva luce per questo. Peccato che quando gli è stato chiesto di dimostrarlo, ha risposto dicendo che non aveva alcuna prova riportata per iscritto.
Ma gli scienziati non ci stanno, e sono certi che la causa degli incendi sia l’aumento della deforestazione che il presidente non ha di certo ostacolato, come avevano fatto invece i governi precedenti nell’ultimo decennio, incrementando le sanzioni sui reati ambientali. I dati riportati dall’Inpe e contestati da Bolsonaro sono stati, tra l’altro, verificati e confermati anche da altri enti di ricerca.
Le conseguenze della scarsa informazione
Quando in casi come questo l’informazione scarseggia, la disinfomazione dilaga: sul web circolano infatti foto e video di altre zone o di anni passati, che non descrivono la situazione attuale e non possono essere considerati attendibili. Immagini della situazione reale sono invece state diffuse dalla Nasa e mostrano come l’enorme nube di fumo nero sia visibile anche dai satelliti nello spazio. È un dato di fatto, inoltre che lunedì scorso la città di San Paolo in Brasile sia stata totalmente al buio per oltre un’ora, a causa degli incendi.
Erica Berenguer è una scienziata che si occupa di misurare la quantità di carbonio immagazzinato in ogni albero della foresta: ogni tronco può contenere varie tonnellate di carbonio, a seconda delle dimensioni, e quindi immagazzinare l’anidride carbonica, di cui il pianeta è saturo, e da cui scaturisce buona parte del riscaldamento globale. Erica, che ha scelto di profondere tutto il suo impegno nella conservazione dell’Amazzonia, ha commentato: “Il governo attuale dice che non dobbiamo preoccuparci della foresta, così le persone si sentono autorizzate a distruggerla perché i reati ambientali non sono più un problema. Ma una volta che tutto questo sarà distrutto, lo sarà per sempre. Chi potrà mai ricostruirlo?”
In altre parole, la giovane scienziata ci ricorda che la natura non perdona, e che quando vorremo tornare indietro, probabilmente, sarà troppo tardi per farlo.
Fonti: bbc.com, wikipedia.org.
Come si fa a descrivere se stessi? Non lo so, ma so quello che gli altri dicono di me.
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Mi incuriosisce esplorare nuovi luoghi, ognuno con le sue tradizioni, ma fino ad ora niente è mai riuscito ad acquietarmi come il mare di Napoli col Vesuvio sullo sfondo. Per me dire Napoli è dire Massimo Troisi perché “Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m’ha mai parlato della pizza, e non m’ha mai suonato il mandolino”.
A proposito di casa e di ciò che mi piace, credo nel potere dell’aggregazione e dell’attivismo giovanile e, fortuna ha voluto che incontrassi persone con visioni a tratti uguali e a tratti opposte, ma che si combinano perfettamente, e trovano modo di esprimersi in quella che è Tutta n’ata storia. Personalmente, mi occupo della rubrica scientifica di questo sito, che mette sempre a dura prova la mia capacità di spiegare concetti complicati in parole semplici. Il titolo della sezione è “Dove andremo a finire?” e la risposta è in ogni articolo in cui si parla di futuro, sostenibilità ambientale, progresso scientifico e tanti altri fatti.