Sport e inclusione: l’esempio della Napoli Baskin
Sport e inclusione: come si concretizza un binomio che spesso sembra troppo teorico? Esistono esempi di buone pratiche da seguire… E più vicino di quanto ci potremmo aspettare! Come il baskin, come a Napoli.
Se vi diciamo “sport e inclusione”, a cosa pensate? Se la vostra mente sta correndo alle paralimpiadi, a Bebe Vio e ad altri atleti diversamente abili, siete sulla strada giusta. Ma provate ad allontanarvi di meno. Perché per trovare esempi di “sport e inclusione” non bisogna guardare per forza in tv: basta farsi un giro nei dintorni.
Sant’Antonio Abate stessa, ad esempio, nel corso degli anni ha visto organizzare attività dedicate a tanti ragazzi e bambini con disabilità. Inoltre, come ci ha rivelato in un’intervista il nuovo Garante dei diritti dei disabili del nostro Comune, sempre più associazioni sul territorio, in particolare – appunto – quelle sportive, si stanno mostrando sensibili e attente alla questione: gli organizzatori delle Olimpiadi Abatesi (OSA) vogliono riproporre nell’edizione di settembre una maratona paralimpica; mentre l’Abatese Volley ha il desiderio di creare un progetto che sia continuativo, portando il sitting volley a Sant’Antonio Abate.
Iniziative lodevoli che si uniscono a quelle già realizzate e a quelle che, speriamo in maniera stabile, si realizzeranno.
Ma nell’attesa che il territorio abatese, coi tempi giustamente necessari, si impegni a concretizzare i buoni propositi, esiste già qualche realtà che si occupi tutto l’anno di sport e inclusione e che possa essere un buon esempio a cui guardare? Sì e, anche in questo caso, per trovarla non bisogna guardare troppo lontano.
Meno di un anno fa, nel dicembre 2018, a Napoli è nata una squadra di baskin. Che roba è? Semplice: basket per tutti. Il particolare nome, infatti, nasce dalla fusione di “basket” e “inclusione”. Come sulla carta si fondono le parole, in campo si fondono le persone: normodotati, persone con disabilità fisiche e persone con disabilità di altro tipo, uomini e donne, giocano tutti insieme. Lo scopo è lo stesso della pallacanestro così come la conosciamo: segnare quanti più canestri possibili. Le regole, invece, si adattano al contesto variopinto che si viene a creare e, per questo, sono soggette a periodiche revisioni. La novità d’impatto è che il campo è frazionato in varie zone e, in tutto, ci sono sei canestri di differente altezza. I cestisti, inoltre, sono divisi per ruoli, ognuno con caratteristiche diverse che si adattano all’eventuale disabilità dei giocatori presenti in campo. Se vi interessa approfondire il regolamento della disciplina, date un’occhiata al sito del Baskin Cremona, primo movimento italiano nato nel 2001.
A Napoli il progetto, che ha casa nell’Istituto Salesiano di via don Bosco, è stato promosso dall’Asd Napoli Baskin nelle persone del prof. Vittorio Scotto di Carlo, del coach Stefano Argento e del prof. Mauro Rotunno. Al di là delle partite, il gruppo di super atleti è impegnato anche in attività di formazione e sensibilizzazione tra sedi di associazioni e gruppi del territorio, nonché nelle scuole. Per restare sempre aggiornati, potete seguirli sulla loro pagina ufficiale.
Il baskin in Italia è una disciplina relativamente giovane che ha dimostrato come si possa creare inclusione nel vero senso della parola, facendo dello sport non solo un’occasione di apprendimento e divertimento per tutti, ma soprattutto un’occasione di apprendimento e divertimento con tutti. La Napoli Baskin ha dato prova che tutto ciò è realizzabile più vicino di quanto si possa immaginare e speriamo che Sant’Antonio Abate sia in grado di abbassare ulteriormente l’asticella di ciò che sembra impossibile da fare.
Nel frattempo, voi conoscete qualche altra realtà campana che, a proposito di sport e inclusione, sia davvero #tuttanatastoria? Contattateci su Facebook, compilate il modulo “Contatti” o scriveteci all’email tuttanatastoria.saa@gmail.com e condividete con noi altri buoni esempi da cui farsi ispirare.
“Devi cambiare d’animo, non di cielo”: la frase che mi ripeto più spesso quando mi viene voglia di scappare; ma restare mi piace di più. Credo nelle radici anche quando meriterebbero di essere estirpate.
Il mio primo amore è stato – ed è – il calcio. A 14 anni ho iniziato a seguire il Sant’Antonio Abate, prima da appassionata e poi da addetto stampa: Eccellenza, serie D, Eccellenza e continua a leggere