L’Atleta di Fano e altre opere: l’arte “italiana” che torna in patria
La Corte di Cassazione ha ufficializzato la confisca agli Stati Uniti dell’Atleta di Fano: l’opera è stata dichiarata proprietà italiana e già il Ministero si prepara a nuove “battaglie” per il recupero di altri beni culturali di proprietà italiana, giunti – spesso illecitamente – in terra straniera.
Il Ministro per i beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, ha convocato un Comitato istituzionale per discutere il possibile rientro in patria delle opere d’arte che appartengono all’Italia, ma che – trafugate o acquistate secondo modalità poco chiare – sono, oggi, in mani straniere.
La contesa tra Italia e Stati Uniti
La decisione di convocazione del comitato nasce in seguito alla sentenza della Corte di Cassazione che ha reso definitiva la confisca immediata dell’Atleta di Fano, disposta dal gip di Pesaro nel mese di giugno.
“Una sentenza – ha dichiarato Bonisoli – che dimostra come sia possibile, nonostante iter lunghi e articolati, riconoscere i giusti diritti per poter ottenere la restituzione di importanti opere del patrimonio culturale nazionale trafugate dal nostro Paese. Questo è ciò che intendiamo fare, con fermezza, anche attraverso il Comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali”.
L’Atleta di Fano (o Atleta vittorioso o Atleta che si incorona) è una statua bronzea risalente al IV-II secolo a.C. e attribuita, su base esclusivamente stilistica, allo scultore greco Lisippo. Non è da escludere che sia, in realtà, opera di un suo allievo.
Da cinquant’anni, il bronzo – oggi conteso tra Italia e Stati Uniti – è conservato nella Getty Villa di Malibù, sede del Jean Paul Getty Museum.
L’opera, scolpita nella Grecia antica, fu ripescata casualmente nel 1964 a largo di Fano, in acque internazionali, dal peschereccio italiano “Ferruccio Ferri”. Nel 1977, dopo una lunga serie di compravendite illecite e tentativi di offerta al mercato nero, fu acquistata dal Getty Museum per una cifra di circa 4 milioni di dollari.
Oggi, nonostante la Corte di Cassazione abbia dichiarato legittima la confisca del Lisippo – respingendo più volte i ricorsi dei legali del Museo di Malibù – il Getty Museum non molla.
“Continueremo a difendere il nostro legittimo diritto sulla statua. Siamo convinti che qualsiasi ordine di confisca sia contrario alla legge americana”, dichiara Lisa Lapin, portavoce del Getty.
“Non c’è prova dell’appartenenza all’Italia. […] Il suo ritrovamento accidentale da parte di cittadini italiani non fa della statua un oggetto italiano”.
Di contro, il governo italiano si è già attivato per far tornare la scultura bronzea nel nostro Paese.
Intanto gli uffici del MiBac, in collaborazione con la Procura di Firenze, stanno anche valutando tutte le modalità possibili per consentire la legittima restituzione del quadro “Vaso di Fiori” di Jan van Huysum, rubato dai nazisti alle Gallerie degli Uffizi.
Per questo motivo, prenderà parte alla riunione del 9 gennaio anche il Direttore degli Uffizi Eike Schmidt che si aggiunge al Capo di Gabinetto, al Segretario Generale e ai rappresentanti delle varie istituzioni preposte alla tutela e salvaguardia del patrimonio culturale. Sarà, inoltre, presente un consulente per i rapporti culturali internazionali, designato dal Ministro.
Opere (alcune) italiane in terra straniera
Le opere uscite dai confini nazionali e che l’Italia vorrebbe veder tornare sono molte altre ancora. In alcuni casi la diplomazia è già al lavoro da tempo, altre riconsegne sono, invece, davvero poco probabili.
Tra queste, la Madonna col Bambino, realizzata alla fine del 1200 e attribuita a Giotto (o, da altri, alla sua scuola). È oggi conservata in una collezione privata. Fu acquistata ad un’asta, in Italia – a Firenze nel 1990 – da un collezionista inglese che la comprò per poi portarla via nel 2007 senza il permesso (pare) delle autorità italiane. La legge italiana, infatti, impone che ogni uscita all’estero di beni d’interesse culturale venga denunciata alla Soprintendenza, che ha il diritto, in alcuni casi, di bloccare il trasferimento. È ancora in atto una lunga battaglia legale con l’obiettivo di riportare l’opera, che è ancora su suolo inglese, in Italia.
Altro prezioso oggetto italiano è il Carro etrusco di Monteleone, un manufatto molto raro che presenta un ricco apparato decorativo di arte greca. Il Carro fu ritrovato nel 1902 a Monteleone di Spoleto da un contadino che, dopo una serie di trattative e vari intermediari, lo cedette al Metropolitan Museum di New York. L’Italia ha già inoltrato agli Stati Uniti la richiesta per la restituzione, dal momento che la vendita risulta illecita.
Si sa pochissimo, invece, della Testa di fauno di Michelangelo, scolpita nel 1489. È stata conservata a Firenze fino alla seconda guerra mondiale e, poi, trafugata da soldati nazisti. Si pensa che l’opera non sia andata distrutta e si troverebbe oggi in Russia, ma le ricerche non hanno mai dato alcun esito.
Forse la più famosa delle opere trafugate da Napoleone, durante la campagna d’Italia, sono le Nozze di Cana del Veronese. Il grande dipinto si trovava nella basilica di San Giorgio Maggiore, a Venezia. L’opera, ancora oggi, è al Louvre, nella stessa sala della Gioconda di Leonardo (legittima proprietà della Francia). Non è mai stata intrapresa alcuna azione ufficiale per favorire il ritorno a Venezia.
Quelle citate e molte altre sono le opere italiane che, attraverso modalità discutibili, sono giunte e rimaste all’estero. Non sappiamo quante potranno realmente far ritorno a casa, non sappiamo nemmeno dire se debbano necessariamente tornare; l’arte, forse, non appartiene davvero a qualcuno. Ovunque essa sia, l’arte è patrimonio dell’umanità e – come scrisse il teorico dell’architettura Quatremère de Quincy nelle Lettere a Miranda – “[…] purché siano pubbliche e ben conservate, che importa quale paese ne sia il depositario: esso non è altro che il custode del mio museo!”
La più realista tra i sognatori, la più disfattista degli ottimisti. Una perfezionista, dicono in molti. Futuro architetto, innamorata dell’arte in ogni sua forma. Mi piace osservare, scovare il dettaglio sfuggito al primo sguardo. Camminare a testa alta, perché ho imparato che la prospettiva sa cambiare di continuo e – con gli occhi bassi – si perde tanta bellezza.
L’università mi ha trasformata in continua a leggere