Un anno di “Tutta n’ata storia”: vi spieghiamo perché
Per concludere i (lunghi) festeggiamenti per il primo compleanno della nostra associazione, alcuni tra noi soci fondatori proviamo a spiegarvi perché quest’anno è stato, appunto, “Tutta n’ata storia”.
Tanto per fare invidia al matrimonio dei Ferragnez, il primo compleanno di “Tutta n’ata storia” dura ormai dal 29 settembre, e ancora non siamo stanchi di festeggiare. Dopo aver spento la nostra prima candelina in Caritas insieme agli ospiti che durante i nostri “dopocena solidali” abbiamo imparato a conoscere e a voler bene, domenica mattina vi abbiamo invitati nella nostra sede per brindare a quello che per noi era un po’ “Capodanno”, la fine di un ciclo, l’inizio di altri dodici mesi di perseveranza e lavoro. Oggi abbiamo condiviso con i nostri lettori gli scatti di quei festeggiamenti per farli durare ancora un po’ di più, e adesso che il nostro compleanno è davvero finito, siamo pronti per addentrarci nel futuro.
Prima, però, ci sembrava giusto segnare una linea di confine tra quello che è stato e quello che sarà, un po’ come quando giocando con la playstation salvavi la tua partita per non perdere i risultati ottenuti fino a quel momento se mai avessi fallito al livello successivo. Siccome più si sale coi livelli, più crescono le difficoltà, oggi mettiamo su carta le parole che vorremmo rileggere ogni volta che ci sembrerà di aver perso la partita. Così, dopo gli auguri ricevuti dagli altri, uno proviamo a farcelo noi stessi: ritrovare sempre tra queste righe la spinta per ricominciare da qui, dal nostro “Capodanno”, dalla voglia di scrivere altre pagine di una storia che è stata, è e sarà ancora “Tutta n’ata storia”.
Parole che vorremmo rileggere che portano la firma di alcuni tra noi soci fondatori; parole che ci auguriamo facciano venir voglia anche a voi di venire a scrivere il continuo di questa “Tutta n’ata storia”.
Gabriele Cesarano
È stata “Tutta n’ata storia” perché chi ha voglia di reinventarsi trova il modo di farlo, cerca un sapore dolce e nuovo, nonostante l’amaro delle delusioni nei momenti difficili, e ci riesce. Quest’anno è stato “Tutta n’ata storia” perché sono, anzi siamo stati incredibilmente capaci e allo stesso tempo incoscienti nel far certe cose, portare avanti certe idee, credere in alcuni obiettivi e soprattutto non fermarci davanti ad innumerevoli ostacoli. Può continuare ad essere “Tutta n’ata storia” perché siamo sempre gli stessi, convinti e testardi nell’immaginare un posto migliore, dove ognuno può mettere un po’ dei propri sogni.
Valentina Comiato
È stata “Tutta n’ata storia” perché – al contrario della maggior parte delle storie – la nostra è iniziata con un finale. Così, se dovessimo metterla su carta, l’incipit perfetto non sarebbe uno speranzoso “c’era una volta”, quanto un triste ma sincero “adesso non c’è più”. Sono passati poco più di 365 giorni e oggi possiamo dire con sicurezza che a volte ricostruire è più complicato che partire da zero, che i cocci dei progetti distrutti e degli ideali calpestati sono taglienti e che noi non abbiamo ancora la pelle abbastanza spessa per non ferirci. Ma è stata “Tutta n’ata storia” perché abbiamo voluto provare a raccoglierli nonostante avessimo previsto tutti i rischi. E quella storia, alla fine, l’abbiamo scritta pure col sangue venuto fuori dai tagli.
Pietro D’Ambrosio
È stata “Tutta n’ata storia” perché in questo intenso anno ho imparato. Ho imparato a lavorare in gruppo e a confrontarmi con il punto di vista altrui. Ho conosciuto realtà diverse ed imparato ad apprezzarne i sapori. Ho capito che la caparbietà e la passione ti portano dove vuoi e che non sempre tutto va per il verso giusto: l’importante è non arrendersi. Ho imparato che i momenti difficili si superano anche con un sorriso e che l’amicizia è uno dei legami più forti. “Tutta n’ata storia” mi ha insegnato molto, mi ha preso per mano e mi ha fatto crescere.
Melania D’Aniello
È stata “Tutta n’ata storia” perché è stata ed è una delle sfide più grandi della mia vita, che consiste nell’imparare a prenderti cura di qualcosa a cui tieni, anche da lontano. E, in un anno, io non sono sicura di averlo imparato del tutto. Man mano che il tempo passa vedi gli altri, quelli che restano, crescere, cambiare, litigare, cedere, persistere, e puntualmente ogni volta ti chiedi cosa sarebbe cambiato se tu ci fossi stata. Poi, però, pensi che in fondo la preziosa creatura è in buone mani, probabilmente le migliori in cui potesse capitare, e quindi puoi stare tranquilla, continuando a portare alto in nome di un’associazione, che somiglia a una seconda casa, dove non vedi l’ora di tornare ogni volta, nonostante tutto.
Anna Pia Mascolo
È stata “Tutta n’ata storia” ogni qual volta ha suscitato quella sensazione unica che unisce la singolarità e le peculiarità di una persona a un gruppo; una famiglia, in cui si è tutti uguali eppure diversi. È ancora “Tutta n’ata storia” perché con tutte le nostre differenza e difficoltà riusciamo sempre ad amalgamarci, nonostante il risultato forse non sia sempre perfetto. Sarà “Tutta n’ata storia” perché continueremo ad essere l’unione di tanti piccoli pezzi che probabilmente da soli non potrebbero fare molto, eppure insieme costruiscono ponti.
Marzia Mascolo
È stata “Tutta n’ata storia” perché è stata scritta su pagine di coraggio. “Sapere di (poter) essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare ugualmente”. È nata da una certezza perduta e dal coraggio di guardarsi cambiare forma. Ed oggi, somiglia alla tenacia. In quest’anno, abbiamo imparato a incassare i colpi. Troppi impegni, poco tempo, opinioni ostili e mani solo apparentemente tese. Gli attimi di demotivazione: i colpi inferti da noi stessi che, più di tutto, ci hanno tenuti a terra. Per quelli serve più “coraggio”, poi – tra pensieri discordanti, difetti e debolezze – ne torna in piedi almeno uno e bastano due occhi entusiasti (o dissennati) a voltare pagina per un nuovo capitolo. Abbiamo avuto l’audacia di prenderci il diritto di scrivere un piccolissimo pezzettino di storia. Su un terreno incerto, con poche risorse e un sostegno che qualcuno può ritenere esiguo. È raro “vincere”, ma qualche volta succede, con i giusti “alleati”.
Mariasofia Mucci
“Nonna devo andare in associazione, non posso”
“Associazione? E ch facit?”
“Eh a nò, scriviamo un giornale, organizziamo eventi culturali”
“Allora brava a nonna, se non le fate voi giovani queste cose, chi addà fa?”
Mia nonna sa che noi giovani abbiamo il dovere di organizzarci e creare, ecco perché, anche se a volte le dico di no perché troppo impegnata, mi appoggia e sostiene le mie scelte. Sono sicura che con le sue amiche si vanta delle imprese che compie sua nipote per cercare di cambiare qualcosa. Ecco perché la mia è “Tutta n’ata storia”: perché si può fare e si può fare a Sant’Antonio Abate, dove anche mia nonna ha capito che quello che facciamo è importante.
“Tutta n’ata storia” mi ha insegnato che dalle ceneri si può rinascere più forti e caparbi, ha scritto un pezzo significativo della mia storia rendendomi coraggiosa e matura, soprattutto in questo ultimo anno: l’anno della svolta e delle prese di coscienza, dei posti nuovi, dei pugni troppo forti contro muri di cemento, dei respiri liberatori, dei silenzi, dell’empatia e della sensazione di potersi finalmente scrollare certe corazze.
Ecco perché è stata “Tutta n’ata storia”, perché ho capito il valore di ciò che faccio e che da carpa sono diventata drago, grazie alla mia associazione e a ciò che gira intorno.
Valerio Nastri
È stata “Tutta n’ata storia” perché credo nella bellezza del confronto e nella voglia di collaborare che in certi periodi è sembrata davvero una sensazione magica. Perché certi passi di questo gruppo te li senti cuciti addosso, dentro. Una bellezza nascosta che a volte non ha una forma definita, ma la sostanza non si confonde mai!
Umberto Piezzo
È stata “Tutta n’ata storia” perché non ci siamo fatti piegare dagli eventi e dalle solite macchine di distruzione che non tollerano punti di vista differenti. Perché dopo una caduta ci siamo rialzati, riprendendoci per mano, e ostinatamente abbiamo riacquistato la nostra identità. Perché abbiamo continuato ad urlare, ricordando a tutti che “stamm cca’”, con un nuovo megafono ma con la solita matita. E siamo “Tutta n’ata storia” perché consapevoli, folli, sognatori, concreti, liberi, in un paese troppo spesso ingabbiato dalle solite dinamiche. E resteremo “Tutta n’ata storia” fino a quando continueremo a dirci: “me gira ‘a capa ma voglio parlà”.
Feliciana Mascolo
È stata “Tutta n’ata storia” perché non ci siamo fatti spaventare dalle pagine bianche che ci siamo trovati davanti quando non avevamo nemmeno una penna per scrivere; ma, anzi, quelle pagine sono state salvezza. Il bianco non è sembrato vuoto, ma necessità di reinventarsi. Il bianco non è stato assenza, ma seconda possibilità. Il bianco non ha rappresentato candore, ma voglia di sporcarsi le mani e lasciare traccia. Dal bianco, lo stesso che ha offuscato le menti nei momenti “no”, siamo ripartiti e ci siamo ripresi. È stata “Tutta n’ata storia” perché ha vinto l’essenza contro l’apparenza, quando abbiamo cambiato forma e non sostanza. È stata “Tutta n’ata storia” perché, in un paese che ognuno ama e odia a modo suo, abbiamo deciso di restare – non necessariamente fisicamente – e di fare qualcosa per sentirlo come il nostro paese. È stata “Tutta n’ata storia” perché c’è stato chi ci ha guardati e ci ha riconosciuti sotto questo nome. E sarà “Tutta n’ata storia”utta n’ata storia finché, dove vedremo del bianco, avremo ancora voglia di scrivere, appunto, “Tutta n’ata storia”.