Abatesi d’origine e abatesi d’adozione: nella stessa stanza contro le frontiere
A conclusione della video-inchiesta “Quanto se ne S.A.A. di immigrazione: abatesi d’origine e abatesi d’adozione”, l’associazione di promozione sociale Tutta n’ata storia propone una serata di mutua conoscenza all’insegna dell’integrazione e del multuculturalismo. Appuntamento il 29 giugno alle 20:30, in via Roma 213.
Ci tolgono il lavoro, rubano, stuprano e sono violenti. Sono troppi. Passeggiano tra le strade delle nostre città indisturbati come padroni, sempre coi cellulari più costosi. Qualcuno addirittura si permette di indossare i vestiti tipici della sua terra, di praticare il Ramadan, pregare per strada e di ignorare la nostra cultura. Se non gli piace come viviamo, perché semplicemente non se ne tornano a casa?
È il festival dei luoghi comuni che ogni giorno trova sfogo sui social. È la rabbia dei poveri che si fa terreno fertile su cui coltivare stereotipi. È il gioco al massacro dei capri espiatori portato avanti dai potenti. Eppure – noi ne siamo convinti – a volte basterebbe conoscersi. Se solo dessimo all’altro l’occasione di raccontarci quale storia si nasconde dietro la pelle scura a cui non siamo abituati, forse ci renderemmo conto che non si è mai così diversi da non riuscire a incontrarsi… fosse anche solo negli stessi occhi sognanti di fronte a certi tramonti. Ma se l’idea di concedere un’occasione vi fa davvero così paura… allora ve la forniamo noi, voi metteteci solo la presenza.
Per il prossimo 29 giugno l’associazione Tutta n’ata storia propone “Quanto ne se S.A.A. di immigrazione? Tra multiculturalismo e integrazione”, una serata in cui abatesi d’origine e “abatesi d’adozione” – vale a dire stranieri che hanno ormai messo le radici nella nostra città – potranno scoprirsi l’un l’altro in un clima conviviale che unirà il divertimento ai valori del rispetto e dell’inclusione sociale. L’evento arriva a conclusione di una video-inchiesta realizzata direttamente tra le strade del comprensorio grazie alla professionalità dei Lobster, gruppo locale di giovanissimi cineasti: telecamera alla mano, abbiamo chiesto agli abatesi quanto sapessero e cosa pensassero delle comunità straniere presenti sul territorio. Ad esponenti delle stesse comunità abbiamo chiesto di raccontarci del loro viaggio, del loro passato, delle speranze che li hanno portati in Italia. È nato così il secondo micro-progetto del più ampio “Quanto se ne S.A.A.?”, ciclo di inchieste territoriali connesse ad eventi di sensibilizzazione patrocinati dal Comune di Sant’Antonio Abate. Quello del 29, credeteci, è imperdibile.
Durante la serata verrà proiettato il trailer ufficiale della video-inchiesta sul tema. Ci saranno cibi da altri continenti, canti e balli popolari, giochi a tema, storie e testimonianze. A farla da padrona, poi, anche l’arte: dall’intermezzo teatrale a cura dell’associazione abatese Io non ti conosco, alla mostra fotografica di Eugenio Mastrovito e Acli Salerno, fino all’esposizione delle opere donate per “ImmigrArt“, progetto artistico messo in piedi grazie alla disponibilità di artisti e attività commerciali abatesi.
Ma non è tutto. Perché se da un lato c’è l’immigrazione di casa nostra – quella delle sartorie di periferia, dei venditori ambulanti e delle signore delle pulizie arrivate dall’est dell’Europa – dall’altro c’è “l’invasione africana” di cui tanto parlano i media. Allora noi, il 29 giugno, vi presentiamo anche qualche “invasore”, grazie alla collaborazione stretta con la cooperativa sociale L’Impronta. A voi le considerazioni finali su quanto e se ci sia davvero da avere paura.
L’appuntamento è alle 20:30 presso la sede della nostra associazione, in via Roma 213. La partecipazione è libera e gratuita. Unico requisito indispensabile: venire con la mente aperta.
Un incastro di contraddizioni croniche, a partire dal fatto che potrei scrivere di qualunque cosa ma che vado in crisi se si tratta di parlare di me. 30 anni, copywriter, giornalista e marketing manager. Laureata in lingue perché affascinata da tutto quello che non somiglia al posto in cui vivo. Sarà perché vivo in un paese piccolo, dove per i sogni a volte sembra non esserci spazio, allora ogni tanto vorrei infilarli in valigia e portarli con me all’estero. Viaggi brevi però, perché credo anche nelle radici, continua a leggere