Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di merda”

Sono trascorsi 40 anni dalla morte di Peppino Impastato, ma la sua storia continua a smuovere le coscienze ed è per questo che deve essere un dovere ricordarla non solo oggi.

Cinisi, 9 maggio 1978: il corpo senza vita di Peppino Impastato, adagiato su una carica di tritolo, viene trovato sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani. Suicidio. 
Si, perché uno per suicidarsi se ne va alla ferrovia, si sbatte la testa ripetutamente su un sasso, si fascia il corpo col tritolo e si lascia esplodere in aria. Suicidio o attentato terroristico riuscito male. Queste le ipotesi della magistratura. 
 
È stata questa l´Italia di Peppino, quella con cui ha dovuto convivere e combattere, quell´Italia che solo dopo anni è riuscita a far giustizia alla sua memoria e forse ancora oggi paga le conseguenze delle infiltrazioni mafiose, purtroppo non ancora scomparse. 
 
Peppino Impastato è stato un giornalista ed attivista siciliano. Cresciuto con zii e parenti mafiosi e a cento passi dalla casa di Gaetano Badalamenti, uno dei grandi boss dei traffici internazionali di droga, fu cacciato di casa dal padre e scelse giovanissimo la strada più difficile da percorrere: la verità, la denuncia. 
 
Non sto qui a raccontare la sua vita, internet è pieno delle sue attività più importanti: il suo giornalino ´L´idea Socialista´, Radio Aut, la candidatura al consiglio comunale di Cinisi e altre attività volte a cambiare le coscienze delle persone che con la mafia e con i boss c’erano cresciute. 
Sono qui a ricordarlo, perché di uomini come lui ce ne sono stati pochi, perché le coscienze non sono state ancora cambiate e perché la grande piaga italiana Cosa Nostra è ancora viva. 
 
La mafia è ovunque, per dirla conPippo Fava  “i mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione”. Non basta dichiararsi “antimafia“, partecipare alle parate in prima linea e commemorare i morti per mafia se poi hai le mani in pasta anche tu. 
 
E le mani in pasta non ce l´ha solo chi fa il ´lavoro sporco´ di spacciare, seppellire rifiuti, chiedere il pizzo o corrompere la politica italiana; le mani in pasta ce le hai anche se vendi il tuo diritto al voto per 50€, perché ti rendi complice di un sistema corrotto e lasci che tutto ciò sia ´normale´. 
In Italia è normale la ´raccomandazione´ per lavorare ed è normale deridere chi prova a cambiare le cose, perché ´tanto qui non cambia niente´. 
Allora lì vuol dire che la mafia ce la meritiamo. 
 
Peppino,  Giancarlo (Siani),  Mauro(Rostagno),  Pippo(Fava), e chissà quanti altri (non solo giornalisti) si sono sacrificati per noi, per la verità e per denunciare lo ´schifo´.
L´unica colpa? Aver raccontato!
Ai mafiosi se riporti i fatti sulla carta fai paura e le pistole e i kalashnikov si lasciano intimidire dall´inchiostro e dalle penne, purtroppo però l´inchiostro e le penne non bastano a difendersi da violenze fisiche.
 
 
Ma finché esisteranno uomini come Peppino Impastato, io voglio credere che le idee non smetteranno di viaggiare, diffondendosi da mente a mente, perché finché ci saranno persone pronte a combattere e ad urlare, io voglio provare a cambiare le cose. 
 
Peppino ne è stata la prova e io non voglio solo ricordarlo nel giorno dell´anniversario della sua morte, io voglio che il fuoco e il senso di giustizia che arde dentro di me e in ognuno di noi si alimenti giorno dopo giorno, impedendoci di rassegnarci. 
 
Italia fa qualcosa, non restare catatonica”! 

Mariasofia Mucci

"In direzione ostinata e contraria" come Fabrizio De André.  Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire. Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.