Le storie di Lucio Dalla
Vi siete persi il secondo appuntamento della rassegna musicale Se io avessi previsto tutto questo, dove insieme ai ragazzi dell’Ass. Musicale “Il trillo parlante” abbiamo ricordato Lucio Dalla? Non temete! Oggi vi proponiamo quello che nessuno vi ha raccontato su di lui. Un cantautore che merita attenzione ed ascolto. Speriamo che leggendo queste righe vi verrà voglia di approfondirlo insieme a noi.
Lucio Dalla nasce il 4 marzo del 1943 a Bologna da papà Giuseppe, un cacciatore, e mamma Jole, una stilista alquanto sopra le righe.
La sua infanzia, però, viene spezzata da un evento traumatico: a soli 7 anni Lucio perde il padre ed impara presto a cavarsela da solo. Grazie all’aiuto della musica ed in particolare del clarinetto, riesce a costruirsi una corazza, uno scudo con cui proteggersi nei giorni di solitudine.
La sua adolescenza passata tra Bologna e Roma lo porta a suonare nei primi locali e ad avvicinarsi al jazz, arrivando a duettare con artisti del calibro di Chet Backer.
Crea i Flippers, un gruppo musicale che ha vita molto breve, perché Dalla viene notato da Gino Paoli che gli propone una carriera da solista.
L’esordio non è dei migliori, ma non si lascia abbattere e si presenta a Sanremo nel 1972 con Piazza Grande, la storia di un senzatetto che resta impressa nella mente del pubblico.
Un successo strepitoso per Lucio, che dopo 5 anni pubblica Com’è profondo il mare, l’album della sua svolta artistica, cantato e scritto interamente da lui.
In questo disco dà sfogo alla sua creatività, confermandosi e facendosi conoscere dal grande pubblico come un piccolo mago delle parole.
Quello che tutti non conoscono di Lucio, però, sono le storie che nascondono le sue canzoni: storie di vita quotidiana, d’impatto e che nessuno oserebbe mettere in musica, Disperato Erotico Stomp ne è un esempio.
Le storie fanno parte del mondo di Dalla e quello che gli succede lo ispira a tal punto da fargli buttare giù quelle parole e quelle melodie con cui ha vissuto fino alla fine. Qualcuno direbbe che “le canzoni nascono da sole” ed è il caso di Lucio Dalla!
Futura è una di quelle canzoni scritte per caso: era il 1982 e Lucio si trovava a Berlino, non avendo mai visto il muro si fece accompagnare lì da un taxi. Si sedette su una panchina e si accese una sigaretta. Ad un certo punto, però, da un altro taxi scese Phil Collins, il frontman dei Police che si mise sulla panchina accanto e si accese anche lui una sigaretta.
Lucio avrebbe voluto dirgli di tutto, ma non lo fece; si lasciò guidare da quel silenzio, da quell’aria gelida e dall’odore di fumo. Nacque così Futura, la storia di due amanti separati da un muro a Berlino che progettano di dare alla luce una figlia e chiamarla, appunto, Futura.
Dietro Caruso, poi, si nasconde un altro fortuito caso: Lucio si trovava a Sorrento, ma la sua barca si ruppe improvvisamente e così fu costretto a restare in albergo. Il fato volle che in quello stesso hotel qualche tempo prima ci fosse stato Enrico Caruso, il tenore napoletano. Gli albergatori, entusiasti della presenza di Lucio Dalla, iniziarono a raccontargli di Caruso e della relazione che il tenore intratteneva con una giovane allieva di canto lirico. Colpito da questa storia Lucio si ritirò nella sua stanza e “su una vecchia terrazza, davanti al Golfo di Sorrento” iniziò a scrivere la poesia che conosciamo tutti.
Le storie, insomma, fanno parte della sua quotidianità. Il caso e la semplicità diventano suoi complici.
“L’impresa eccezionale, dammi retta è essere normale”. E lui, a nostro parere, è riuscito in questa impresa.
È riuscito a diventare un grande cantautore senza tanti giri di parole e giri di chitarra!
Un maestro, che a 6 anni dalla sua morte, è giusto ricordare e far riecheggiare nella nostra mente, raccontando le sue storie e quelle dei suoi personaggi e, perché no, ispirare la vostra playlist musicale.
Buon ascolto!
“In direzione ostinata e contraria” come Fabrizio De André. Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire.
Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.