Cronaca di una disastrosa campagna elettorale: come augurarsi quantomeno il lieto fine
L’ultima volta che l’Italia è stata chiamata al voto per rinnovare i suoi rappresentati in Parlamento, nel 2013, circa il 70% degli abatesi aventi diritto ha risposto all’appello. Il 70,9%, per l’esattezza, ha espresso le sue preferenze per la Camera dei Deputati, mentre l’affluenza per le elezioni al Senato si è fermata un pelo più in basso, al 70,6%. Sebbene non si tratti di una percentuale particolarmente negativa se confrontata con la media registrata in Campania né con quella stimata in Italia, è un numero che allarma perché costituisce una prova tangibile del notevole calo di partecipazione che ha coinvolto negli ultimi anni tutto il Bel Paese e che non ha risparmiato neanche Sant’Antonio Abate. Lo dimostra un rapido confronto con le tornate precedenti: nel 2008 votava l’82,1% degli abatesi aventi diritto per la Camera e l’82,2% per il Senato. Affluenza addirittura più alta, anche se di poco, nel 2006: 82,6% per la Camera e 82,8% per il Senato.
Cos’è successo allora negli ultimi 12 anni? Qualcosa si è indubbiamente incrinato nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni e se è vero che una spiegazione univoca – ad oggi – non è alla portata di alcun teorico, è ancora più vero che siamo ben lontani dal rintracciare una soluzione concreta alla diffusa disillusione che motiva i troppi “non voto, perché tanto sono tutti uguali, non cambia mai niente”.
Nessuna spiegazione e nessuna soluzione, quindi, ma una conseguenza drammatica e paradossale: il significato etimologico della parola “rappresentare” estremizzato fino all’inverosimile. Perché se “rappresentare” significa “rendere presente ciò che è assente”, oggi chi rappresenta può, addirittura, “rendere presente ciò che non esiste”, perché è questo, di fatti, un popolo che non si esprime: una massa informe senza pensiero né ideologia, un corpo inerme che si lascia trascinare, un brusio di sottofondo che disturba quanto basta ma che non scandisce i suoni, né le parole, né le volontà, né le rivendicazioni dei propri diritti.
Non basta il voto, però. Soprattutto non basterà domenica, perché non basta più in questa fase della storia. La campagna elettorale che volge al termine con la giornata di oggi ha visto coalizioni improbabili scontrarsi con coalizioni fin troppo prevedibili e altrettanto preoccupanti; ha visto il fascismo entrare nei programmi elettorali senza obiezioni, e ha visto il sano dibattito politico lasciare posto a guerriglie da strada dove le minacce e le aggressioni – verbali quanto fisiche – hanno conquistato la ribalta più delle idee. Ha visto anche organi di stampa diventare palesi strumenti di propaganda in cui la cronaca si è fatta mezzo per lodare o diffamare le parti. Movimenti sociali e politici sono stati volutamente e consapevolmente cancellati dalle pagine dei quotidiani, troppo impegnati a strumentalizzare i fatti di Macerata o le urla esasperate di un’insegnante antifascista. Non basta il voto, quindi, se l’avete costruito sulla base del racconto deviato e manipolato attraverso cui è stata fatta passare questa competizione politica. Occorre che leggiate i programmi e dimentichiate le facce, che non vi lasciate convincere dagli slogan né dalle promesse, che non vendiate il vostro sostegno al miglior offerente, che mettiate al centro i vostri ideali, le vostre esigenze. E che all’amico dell’amico del cugino del fratello dell’imprenditore che vi ha promesso un posto di lavoro, vi ricordiate di rispondere che nessun favore vale quante il vostro diritto di voto.
Un incastro di contraddizioni croniche, a partire dal fatto che potrei scrivere di qualunque cosa ma che vado in crisi se si tratta di parlare di me. 30 anni, copywriter, giornalista e marketing manager. Laureata in lingue perché affascinata da tutto quello che non somiglia al posto in cui vivo. Sarà perché vivo in un paese piccolo, dove per i sogni a volte sembra non esserci spazio, allora ogni tanto vorrei infilarli in valigia e portarli con me all’estero. Viaggi brevi però, perché credo anche nelle radici, continua a leggere