QUESTIONE PALESTINESE: COS’È?
Dichiarare Gerusalemme capitale d’Israele non dev’essere stata una buona mossa politica per Donald Trump.
Si è ritrovato gran parte della Comunità Internazionale contro, violando non solo norme del Diritto interessato, ma anche calpestando la dignità di un popolo, quello Palestinese, privato di uno Stato e costretto a subire, per l’ennesima volta, il volere di uno dei potenti del mondo.
Ma perché dovrebbe interessarci una cosa del genere? Perché dovrebbe indignarci quello che avviene dall’altra parte del globo?
È importante spezzare il nostro quotidiano per un attimo e rifletterci, per capire che quello che succede laggiù ci riguarda eccome, sia come individui pensanti che come Occidente!
La Questione Palestinese ha radici antichissime: la Bibbia è una delle fonti primarie per ricostruire il conflitto arabo-israeliano, legato dapprima a diritti storici e religiosi e poi ad interessi economici.
La prima tappa storica di rilievo è del 1897, anno del Congresso di Basilea, il cui fine istituzionale è quello di rappresentare e difendere gli interessi degli Ebrei della Diaspora. È proprio a Basilea che si inizia ad insediare l’idea di creare un nuovo Stato: Israele, per avviare un processo volto al ritorno nella Terra dei Padri, la Terra Promessa ad Abramo e ai suoi discendenti, che coincide geograficamente con il territorio palestinese.
La Palestina passa poi nelle mani dell’Impero Ottomano, fino alla disgregazione dello stesso durante la Prima Guerra Mondiale.
Successivamente, vista la difficile situazione mediorientale, viene divisa a proprio piacimento dalle grandi potenze occidentali, una su tutte la Gran Bretagna che nel 1917 promette agli ebrei con la Dichiarazione Balfour e in cambio di appoggio durante la Guerra, la costruzione di una home ebraica in Palestina. Contemporaneamente però promette la stessa cosa agli arabi.
Insomma, un vero e proprio pasticcio diplomatico, a cui con scarsi risultati tenta di rimediare col Piano Peel del 1937 che prevede la tripartizione della Palestina in: uno stato arabo, uno stato ebraico e un regime speciale per Gerusalemme e i Luoghi Santi.
Questo però non fa altro che alimentare i disordini e accentuare l’antagonismo tra le due parti.
Da una parte il popolo arabo che, durante il Secondo Conflitto Mondiale, non credendo più alle promesse della Gran Bretagna, si avvicina all’Asse Roma-Berlino, uscendo così perdente, ma soprattutto isolato, dalla guerra.
Gli Ebrei, invece, diventati oggetto della Shoah e delle persecuzioni del folle Hitler, una volta finita la guerra, grazie al sostengo concreto di USA e URSS fondano nel 1948 lo Stato d’Israele!
Il nuovo Stato si insedia in modo forte in una terra abitata per la maggior parte da arabo-palestinesi e inevitabilmente scoppia la Prima guerra arabo-israeliana, che vedrà la vittoria di Israele, sostenuto dall’Occidente.
A seguito ci saranno altri tre conflitti, che non porteranno a nulla di buono, se non alla nascita di Organizzazioni terroristiche, sia da una parte che dall’altra e all’infinito conflitto tra queste due parti, che per ora, non sembra trovare soluzioni diplomatica che tenga.
Il problema è che, secondo l’ONU, lo Stato Palestinese dovrebbe essere costituito tra Cisgiordania e Gaza, ma Israele crea degli insediamenti proprio in quelle zone, impedendo così la costituzione dello Stato di Palestina, nonostante gli accordi di Oslo del 1993 che prevedono proprio il ritiro delle forze israeliane da quella striscia di terra.
I Palestinesi sono sparsi per la regione e la mancanza di una forza politica forte che li sostenga si fa sentire, perché sono quelli che vengono arrestati e torturati se provano a ribellarsi alla situazione di stallo.
Il conflitto però continua ogni giorno, nonostante la nostra vita da questo lato proceda tranquilla. Nonostante non ci sia una soluzione concreta in tutta questa vicenda.
Per quanto ancora si farà finta di niente? E per quanto ancora i popoli saranno oppressi?
Purtroppo è inutile e controproducente continuare a farsi la guerra.
Israeliani e Palestinesi sono vittime di un sistema marcio, fatto di accordi e della follia Occidentale che sfrutta, distrugge e abbandona. E poi si indigna se laggiù si muore o se un Presidente degli Stati Uniti dichiara Gerusalemme capitale d’Israele!
“In direzione ostinata e contraria” come Fabrizio De André. Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire.
Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.